
La solita strategia italiana dell'emergenza
L’Italia si sa è un paese governato attraverso le Emergenze: abbiamo le Emergenze ROM, le Emergenze Sbarchi, L’emergenza Rifiuti etc.
Ma quello che forse non tutti sanno, è che molte di queste emergenze sono provocate dolosamente da chi ci governa per farci accettare soluzioni altrimenti improponibili; ad esempio seguendo questa strategia numerosi comuni, collusi con le lobby dell’incenerizione dei rifiuti ,hanno dolosamente provocato delle emergenze rifiuti per poi far accettare alla popolazione mefitici inceneritori.
Allo stesso modo anni fa la Classe confindustriale, insieme con i sindacati, con un’emergenza inflazione hanno convinto gli italiani a rinunciare alla scala mobile che altro non era che uno strumento per difendere il salario dall’inflazione.
I Politici, i sindacati insieme con i media, hanno convinto gli italiani che l’inflazione fosse colpa della scala mobile (un po’ come dire che piove se ti porti dietro l’ombrello), risultato? Gli stipendi più bassi d’Europa, e la produzione industriale più bassa dei paesi OCSE.
Ma qualcuno è diventato molto ricco, cosa importa il resto?
Oggi con un’emergenza rimborsi elettorali, vogliono farci rinunciare ad un’altra conquista democratica, e cioè quella di permettere a normali cittadini di associarsi e concorrere al confronto politico con i grandi partiti ad armi pari.
Vedo in questi anni una spinta sempre più forte ad americanizzare la politica italiana, lo leggo tra le righe della stampa quando si fanno i paragoni tra i due sistemi politici, ed ovviamente il metro di paragone sono i soldi, facendo passare l’idea che se un sistema costa meno è migliore, mentre a mio avviso sono altri i parametri che permettono di giudicare se un sistema politico è migliore o peggiore di un altro.
Non voglio dire che l’emergenza sui rimborsi elettorali sia stata provocata volutamente, per eliminare il finanziamento pubblico, ma se io volessi toglierli, sarebbe un modo molto efficace per catalizzare l’opinione pubblica contro i finanziamenti pubblici. Vorrei far presente a tutti, che eliminare il finanziamento pubblico ai partiti, significa privatizzare la politica.
Prendiamo ad esempio il Partito Movimento 5 Stelle: Grillo (che fa monologhi a pagamento e vende gadget con l’intento di finanziare il blog del movimento) guadagna milioni di euro, di questo ne siamo certi grazie a Visco che nel 2005 (il movimento era ai primi passi, quindi suppongo che ora guadagni di più) ci ha permesso di accedere alla sua dichiarazione dei redditi.
Un politico, anche il più vecchio vituperato e stagionato come un D’Alema, o un Fini, non guadagnerà mai 5 milioni di euro; al massimo guadagnerà due o trecentomila euro (Massimo D’Alema 174.078 euro, Fini 200.668 euro) uno stipendio da dipendenti Statali paragonato a quello di Grillo. E lui e la sua gente si vanta di questo modello di funzionamento, facendosi forte del fatto che il movimento non costa niente allo stato; si è vero, ma i costi ci sono e sono anche i soldi che prende Grillo e la Casaleggio (ed escono sempre dalle tasche dei cittadini)). Quindi i costi del movimento non sono “zero” come vanno sbandierando, ma sono almeno 5 milioni di euro (e non ci è dato sapere quanto ha incassato il signor Casaleggio, immagino 10 volte tanto essendo grillo un suo dipendente).
Tutte le volte che ho fatto presente quest’osservazione ai grillini mi hanno tutti risposto col medesimo frinìo, ed anche da questo ti accorgi di parlare con un grillino, sono dei ripetitori umani: “nessuno ti obbliga a comprare le cose di grillo o seguire i suoi spettacoli a pagamento, chi paga lo fa volentieri finanziando il movimento”, non campendo che il finanziamento pubblico ha la stessa funzione, ti evita di pagare privatamente un politico per ascoltarlo o comprare delle squallide magliette con altrettanto squallidi motti stampati sopra a memoria dell’ultima transumanza. Senza considerare che un candidato che sarà finanziato privatamente, ha ovviamente un debito di riconoscenza con il finanziatore, vi lascio immaginare le storture legislative che si potrebbero avere per non intaccare gli interessi di un finanziatore.
E poi una volta per tutte diciamolo al m5s, non è che se una cosa costa meno è migliore delle altre, significa solo che costa meno.
Una persona normale, un gruppo di cittadini, che non abbia una certa popolarità televisiva, non potrebbe mai sperare di fare politica. Nessuno andrebbe ad ascoltare ciò che hanno da dire.
E’ fuori discussione che il finanziamento ai partiti, come i partiti stessi, devono essere regolamentati e controllati da un organo esterno ai partiti; è fuori discussione che i partiti non possono essere risarciti di più di quello che spendono, e che le spese devono essere fatte con criterio (eviterei bandiere di seta firmate Cartier); ma mi guardo bene dal pensare di privatizzare la politica, il che significherebbe far fare politica solo ai miliardari, come vorrebbe l’insetto miliardario.
Ma una politica tutta affidata solo al contributo dei privati è fatalmente destinata alla dipendenza del potere economico, alla creazione di diseguaglianze. Questo tema è stato affrontato mille volte, ed è all’origine delle discipline sul finanziamento pubblico esistenti quasi ovunque, accompagnate però anche da limiti severi alle spese elettorali. (Stefano Rodotà)
Quanto vale Casaleggio
Il guru della comunicazione grillina viaggia sul milione di ricavi l'anno. Con utile in perdita e dipendenti che diminuiscono. Mentre gli azionisti se ne vanno
“Quanto si guadagna e quanto paga la Casaleggio non lo sappiamo”. Sono queste le parole di Federica Salsi e la sua curiosità da Lilli Gruber, a Otto e mezzo. Le sue prime frasi rabbiose, da epurata, cacciata, perché “chiedeva troppo”, costituiscono pesanti insinuazioni nei confronti di Gianroberto Casaleggio e del suo staff: “Grillo cerca numeri, più è visto e più la pubblicità crea un valore, forse è questo l’obiettivo” diceva sibillina il consigliere. Accuse generiche e non circostanziate, come d’altro canto quelle di Giovanni Favia nel famoso “fuorionda” di La7.
GIANROBERTO CASALEGGIO, QUANTO VALE – E allora tanto vale fare i conti, e fare chiarezza. Adesso che c’è aria di Parlamento, le casse dei promotori della comunicazione grillina non possono rimanere vuote. Anche perché la situazione non è delle più rosee. Di male in peggio. L’ultimo bilancio della Casaleggio e Associati, chiuso al 31 Dicembre 2011, svela un fatturato pari a 1milione 380mila circa, meno rispetto al 1 milione e 670mila 234 euro della chiusura bilancio 2010. Nota negativa l’utile, in perdita di 57mila 807 euro. Positivo invece il 2010, chiuso con 86mila 815 euro di guadagni. Nell’ultimo anno, insomma, il giro d’affari del guru di Beppe Grillo è diminuito, come tra l’altro aveva confessato lo stesso comico genovese a Ballarò: “Noi facciamo piccoli guadagni col blog, tutto qui. Casaleggio ha perso metà dei clienti per stare con me”. Da ricordare anche quanto scritto da Franco Bechis su Libero qualche tempo fa: la Casaleggio cerca di risollevarsi con i guadagni dei dvd degli interventi di Grillo e Travaglio:
libri, dvd e prodotti internet legati sia al comico trasformatosi in leader politico che ad altri protagonisti della comunità, in primis il vicedirettore de Il Fatto, Marco Travaglio. I suoi vecchi libri di successo sono stati presi in carico nel formato e-book proprio da Casaleggio, in parte attraverso il sito di Grillo, in parte per vendita diretta da parte della società.
Anche qui, come ha sottolineato lo stesso Travaglio, non si tratta certo di guadagni faraonici, anzi.
LE FETTE DELLA TORTA – La società è nata come S.r.l. nel 2004. Con un capitale sociale di 10mila euro. Una cifra ripartita tra i fratelli Davide e Gianroberto Casaleggio (2950 euro ciascuno), Mario Bucchich e Luca Eleuteri (con 1900 euro di quote), ed il giornalista Enrico Sassoon (l’unico di loro che non sta nel cda), con soli 500 euro. In tutti questi anni gli utili sono stati ripartiti tra i soci, senza aumento della base. Il presidente, come sanno tutti, è Gianroberto Casaleggio. L’attività è presto detta: marketing politico abbinato al web, e-commerce, produzione e vendita al dettaglio di gadgets e dvd. Una curiosità che figura nelle quote, e di cui abbiamo già parlato è il movimento azionario tra il 2006 e 2008. Sassoon ha quote per 500 euro. Come? Attraverso acquisti e vendite in due anni. Comprò da Gianroberto Casaleggio nel febbraio 2004 300 euro, da Davide altri 300 euro di quote nominali, da Bucchich e da Eleuteri 200. Totale 1000 euro. Nel novembre 2006 il giornalista rivende rivende 300 euro: metà a Gianroberto e metà a Davide. Poi vende 100 euro di azioni a testa a Bucchich ed Eleuteri. L’ex direttore del Mondo Economico è stato titolare del 10% delle azioni per un anno e nove mesi. Perché questo movimento? Probabilmente una scelta effettuata per tutelare le minoranze, in quanto i fratelli Casaleggio, insieme, con il loro 60% potevano deliberare in assemblea, laddove bastava una maggioranza azionaria del 55%. Insomma una garanzia di rappresentanza degli interessi anche delle minoranze.
IL SOCIO CHE VA VIA – Ma Sassoon se ne è andato via, cessa di esser consigliere questo 5 Novembre. I motivi sono assai ben noti. Lui ha colto l’occasione a settembre di spiegarli con una lettera indirizzata al direttore del Corriere:
Caro direttore,
le vicende riguardanti Beppe Grillo, il Movimento 5 Stelle e Gianroberto Casaleggio sono state ampiamente riportate dai media nei mesi passati, con una forte accelerazione nelle scorse settimane fino a oggi. Questa attenzione, di norma scarsamente informata, quasi sempre maliziosa e ostile, mi ha toccato marginalmente, ma non lievemente, in quanto socio della Casaleggio Associati. Poiché da oggi lascio la società, ritengo utile chiarirne i motivi, per evitare ulteriori distorsioni dei fatti.I motivi sono due. Il primo riguarda la mia presenza, come socio di minoranza, nella Casaleggio Associati. I media hanno speculato in merito interpretando il mio ruolo come rappresentante di più o meno precisati «poteri forti» intenzionati a infiltrare, tramite la Casaleggio Associati, il blog di Beppe Grillo e, tramite Gianroberto Casaleggio, il movimento politico. In breve, non rappresento alcun potere forte, né in generale né nello specifico, né ritengo che alcun potere forte si senta rappresentato da me. La prova del contrario la lascio ai maliziosi interpreti che si sono finora beati nel richiamare fantasiose teorie complottistiche degne di romanzi d’appendice più che di una stampa seria e informata.(…) Il secondo motivo è ben più grave e si sostanzia in una valanga apparentemente inarrestabile di diffamazioni e calunnie di violenta intensità, basate su ancor più farneticanti teorie del complotto, che sono apparse e continuano ad apparire in blog e siti di diversa connotazione: da quelli di ispirazione esplicitamente nazi-fascista a quelli di tendenza diametralmente opposta (come i Meet Up di supporto a Grillo) passando per una varietà di blog e siti di varia natura che vanno dai circoli vegetariani a club politici o territoriali delle più diverse tendenze. In questi luoghi la teoria assume i toni foschi del complotto pluto-giudaico-massonico di memoria zarista e hitleriana. L’attribuzione di rappresentante dei poteri forti origina da qui, per assumere contorni decisamente deliranti e razzisti.
Ed è importante anche ricordare che nell’occasione dell’addio sul blog di Beppe Grillo comparvero una serie di commenti antisemiti. Tanto per rammentare a chi di dovere da dove venissero gli attacchi antisemiti che Sassoon lamentava.
MENO PERSONALE – Tornando alla Casaleggio e spulciando tra le pieghe del bilancio, si scopre che il costo dei dipendenti si aggira circa sui 314mila euro totali. Di meno rispetto al 2010. Anche perché i lavoratori sono effettivamente di meno. Sono solo infatti 7 i contratti aziendali fino al 30 giugno 2012, rispetto ai 9 dell’anno prima. Non male per una azienda che comunque produce oltre un milione e 308mila euro di ricavi da vendite e prestazioni. Anche se i costi di produzione, tra salari (oltre 314mila euro) e servizi (oltre 787mila euro) fanno andare il bilancio in sofferenza, sotto i 35mila 847 euro.
I DEBITI DELLA CASALEGGIO – Sono di 197mila e 21 euro quelli verso i fornitori, e circa 99mila euro verso le banche. Cifra quest’ultima di molto aumentata, se si considerano gli appena 2 mila euro e mezzo circa raggiunti nel 2010. Ma comunque di molto al di sotto del totale del fatturato. Nella nota si parla di come ci sia stato un calo delle vendite dei prodotti editoriali, mentre invece siano cresciuti i “ricavi sulle royalties”. Per l’anno prossimo si prevede di puntare più sulla consulenza, con eventualmente più dipendenti. Cosa che in realtà fino a giugno non è avvenuta. Per quanto riguarda le disponibilità liquide, il 31 dicembre 2011 si aggiravano intorno ai millecinquecento euro. Erano 76 mila 546 euro dell’anno precedente. Data la perdita i soci si sono proposti di colmare il negativo con i crediti che gli spetterebbero a fine bilancio. Anche se agli amministratori è stato corrisposto un totale di compenso di 140mila euro.
CREDITI – Guardando infine lo stato patrimoniale si nota come l’attivo sia composto per lo più da immobilizzazioni immateriali 7mila 253 euro (sotto la voce di “altre”) e materiali 33mila 321. Nell’attivo circolante i crediti verso i clienti sono di 270 mila 619 euro circa, quelli tributari 20mila 843 euro e quelli verso gli altri 28mila 61 euro. Poi ci sono le partnership. Nel 2004, a pochi mesi dalla sua nascita, Casaleggio annunciò pubblicamente attraverso le agenzie di stampa il legame con Enamics, società statunitense leader in Business Technology Management (Btm). Che a sua volta ha rapporti con Pepsico, Northrop Grumman, US Department of Tresury (Dipartimento del Tesoro Usa), Bnp Paribas, e tante altre, tra le aziende più quotate oltreoceano. C’è da dire che la situazione non è più rosea come prima: l’Italia dei Valori con De Magistris e co. hanno preferito farsi il blog da soli. Certo, Grillo sarà una “grossa” parte di quel milione.
Ma in questo caso uno non vale uno. Vale solo un milione e 308mila euro.
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