venerdì 24 luglio 2015

Tutti contro il ddl Madia, che aggiungerà all’accorpamento del corpo forestale alla polizia, quello dei soprintendenti ai prefetti, togliendo di fatto ogni controllo sui vincoli paesaggistici di un’Italia già cementificata !

Non si sa cosa dire prima contro il ddl MadiaAmbientalisti, associazioni culturali, tra gli altri il M5S, sindacati, stampa: ognuno enfatizza e paventa un punto o l’altro della legge, ma tutti sono d’accordo sulla sua gravità per la futura tutela di ciò che ci è riconosciuto come il nostro bene più prezioso: i beni paesaggistici e culturali
Ieri un editoriale di Tomaso Montanari su Repubblica spiegava perché è sbagliato dare ai prefetti la tutela del paesaggio: in sostanza la decisione su interventi decisivi – mettiamo ad esempio le cosiddette grandi opere – passano dalle mani della soprintendenza alle prefetture, a loro volta trasformate in “uffici territoriali dello Stato”, cioè a forze molto meno influenti, il cui raggio si limita all’ambito locale.
Si assicura ufficialmente che le soprintendenze manterranno le loro autonomie sebbene sottoposte alle prefetture, e che la legge si impone per la necessità di accelerare i nulla osta alle  future opere pubbliche
In altre parole, si tolgono contrappesi costituzionali – costituzionali – al potere esecutivo.
Sull’anticostituzionalità della futura legge punta il dito anche Grillo  sul suo blog, mentre l’associazionismo evidenzia che il vero problema sono i soldi: le soprintendenze oggi sono troppo lente nel decidere perché negli ultimi 20 anni i fondi a loro destinati (e di conseguenza il personale) sono stati tagliati da tutti i governi. 
Forse anche a questo dovremmo pensare quando ci domandiamo come pagheremo il piano di  Matteo Renzi per ridurre il carico fiscale degli italiani e far ripartire l’impresa Italia.
A mio parere tuttavia, l’aspetto più pericoloso, odioso e becero di questo ddl resta il  silenzio assenso. Come ha sottolineato per primo il presidente del  FaiAndrea Carandini
Ha calcolato che i due mesi stabiliti per decidere sì o no a un intervento che potenzialmente danneggia un bene pubblico, e trascorsi i quali l’interessato può star tranquillo di aver diritto appunto al silenzio-assenso, possono diventare pochi minuti. 
Dipende dal numero di progetti in relazione al numero di funzionari: a Milano siamo a circa 3 minuti, e quindi ogni richiesta avanzata è logico immaginarla come approvata senza alcun controllo. Un emendamento ha allungato i tempi a tre mesi, quindi qualche minuto in più per ogni pratica.
In definitiva, se resta sacrosanta la necessità di snellire la nostra burocrazia, si ha l’impressione che si stia operando con l’accetta, senza valutare le priorità che oggi si impongono rispetto al tema ambientale e paesaggistico, specie per un Paese che ne vorrebbe fare una vocazione ma non ci riesce mai, e dove il bello resta un tesoro che ci sfugge sempre di mano.  
Trivelle, accorpamento della Forestale alla Polizia, declassamento della tutela paesaggistica. Tutto questo pare, onestamente, davvero troppo !!!

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