venerdì 28 novembre 2014

"Il ducetto ha eletto il 'gran consiglio'": mezzo Movimento M5s è sul piede di guerra contro i nominati


Cinque astri destinati a illuminare il cammino del Movimento. O cinque supernove destinate a far collassare il mondo conosciuto delle 5 stelle. Luigi Di Maio, Alessandro Di Battista, Roberto Fico, Carla Ruocco e Carlo Sibilia sono i cinque parlamentari destinati a prendere in mano le redini degli uomini di Beppe Grillo. Il leader è stanco, lo si scrive da tempo, sempre più disinteressato - se mai lo sia stato veramente - a seguire il day-by-day fatto di decisioni e composizioni di diversi interessi che costituiscono la vita quotidiana di un soggetto politico.
Complici i problemi di salute di Gianroberto Casaleggio, i due diarchi hanno deciso di passare (parzialmente) la mano. Una decisione meditata da tempo. Esclusa la possibilità di far scegliere agli stessi parlamentari i nomi, il caos generato dalle espulsioni a freddo di Massimo Artini e Paola Pinna hanno accelerato un processo già messo in moto.
Obiettivo: riorganizzare le fila di un Movimento che oggi va in ordine sparso. "Ma se poi la decisione provoca una definitiva frattura con l'ala dissidente tanto meglio - spiegano dallo staff - così risolviamo subito il problema e ripartiamo". Perché è questa la direzione che stanno prendendo gli eventi nelle ultime ore.
Un insospettabile come Daniele Pesco è arrivato alle conseguenze più estreme: "Se vincono i sì mi dimetto". Già, perché la nomina del Direttorio passa da una ratifica sul blog. Un sondaggio impostato in modo da dover dire sì o no in blocco alle scelte dello staff.
Ma sono tantissimi quelli che non ci stanno. "Così diventiamo un partito", protestano Marco Baldassarre e Patrizia Terzoni, quest'ultima forse la più energica a protestare contro le ultime 24 ore di ordinaria follia del M5s. Tanti sono con lei. "È la svolta del cancellino, ex predellino di Bibbona", ironizza Tiziana Ciprini. Per il momento, tuttavia, manca una leadership politica in chi si oppone alle scelte di G&C, e i gesti come quello di Pesco rimangono isolati. Di ora in ora si susseguono i conciliaboli tra i dissidenti. Che sembrano però intenzionati a rispettare alla lettera la regola dell'"uno vale uno", marciando in ordine sparso senza riuscire a trovare un punto di caduta.
Quella regola che Grillo e Casaleggio hanno deciso non debba più valere. O meglio, varrà, ma in cinque varranno più degli altri. Una decisione che, in un movimento che ha sempre rivendicato con orgoglio l'assenza di incarichi interni e la rotazione di quelli istituzionali, è destinata a lasciare il segno. Tanto che il capogruppo a Montecitorio Andrea Cecconi spiega che "l'incarico non è mica a vita", e Daniele Del Grosso mette le mani avanti spiegando che (testuale) "non saranno degli imperatori".
La formalizzazione plastica del cerchio magico, o di parte di esso, è uno schiaffo in faccia a tutti quelli che da mesi chiedono un cambio di passo in tutt'altra direzione. E scontenta un po' tutti. Perché non è stata decisa collegialmente, perché il voto chiesto alla rete è di mera ratifica, prendere o lasciare, perché i prescelti sono tutti deputati (e qualche senatore, anche tra i più ortodossi, commenta che "da domani dobbiamo farci dirigere da cinque ragazzini), perché sono tutti espressione di sole due regioni, il Lazio (Di Battista, Ruocco) e la Campania (Fico, Sibilia, Di Maio).
La base intanto insorge. "Il ducetto ha eletto il 'gran consiglio'", lamenta un attivista sul blog, puntando il dito contro Grillo e i 5 prescelti. Il M5S non comprende tutta l'Italia? - chiede un militante - allora come lo si spiega che sono tutti campani con la sola eccezione di Di Battista, romano". "Da attivista - chiede un altro utente - chiedo che si indicano delle primarie aperte agli iscritti e si elegga il leader, Grillo torni a fare il garante del Movimento e si adoperi affinché la votazione on line diventi certificata ed i due Casaleggio si mettano pure in disparte ad occuparsi di informatica". C'è infine chi getta ombre sulla correttezza della votazione in corso, riprendendo la denuncia di Occupypalco. "Non si potrebbero avere i risultati della votazione in anticipo come quelli di ieri (anche nei numeri) verso le 17,21? - chiede ironica un'attivista - Dalle 18,30 ho un impegno di lavoro".
Anche Claudio Messora, un tempo considerato il numero 3 del Movimento, è caustico: "Dopo le polemiche sulle ultime espulsioni - osserva - Grillo cerca di formare una vera e propria segreteria di partito, un direttorio a 5 stelle scelto da lui, e chiede alla rete di ratificare la sua scelta. Meglio sarebbe stato che i parlamentari stessi, o meglio ancora la rete, avessero indicato i suoi rappresentanti. Dove sono i senatori? Dove sono gli eurodeputati? Dove sono le donne? Dove vengono specificati ruoli, poteri e durata del mandato?".
Cos' si affilano le lame, in attesa di una riunione serale che dovrebbe semplicemente sancire la nomina dei cinque ma che si preannuncia un Vietnam, e di un'assemblea congiunta il prossimo 3 dicembre che ratifichi le espulsioni. Tra il napalm dell'ala dura che spiega che "non ce n'è alcun bisogno, ha già deciso la rete" e l'idea di boicottaggio dei più eterodossi, che si chiedono "ma a che serve ormai? È una presa in giro?". E Iannuzzi e Terzoni hanno chiesto che il capogruppo non ratifichi le espulsioni, una mossa destinata a cadere nel vuoto.
Ma l'ala dura festeggia. Nicola Morra usa parole che sembrano arrivare da tre secoli fa: "Bene il Direttorio, continua il progetto rivoluzionario". Questa volta, almeno, le teste rotolano soltanto metaforicamente.

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