mercoledì 14 maggio 2014

Quello che Saviano star NON DICE

roberto saviano
Quello che Saviano non dice: cioè se è vero che Impregilo e ABI sarebbero i principali “emissari” dell’emergenza rifiuti in Campania. Sulla quale hanno guadagnato.
“La realtà è più complessa di quella che Saviano ha rappresentato nei suoi interventi in televisione o su Repubblica. Non solo Saviano ha detto alcune cose che non corrispondono a verità, ma vi sono anche cose che non sono state dette.
L’emergenza dei rifiuti urbani non è stata determinata dalla camorra, ma da un intreccio spaventoso di interessi finanziari di grandi banche, Intesa San Paolo, la stessa ABI,  Impregilo e la classe politica. C’è un processo a Napoli che vede implicati la FIBE, Bassolino e Impregilo,e nessuno ne parla. Se continuiamo a dare alla camorra la colpa di tutto, non facciamo un buon servizio alla verità.”
(Patrizia Gentilini, oncologo, sulle affermazioni fatte da Saviano nella trasmissione “Vieni via con me”.)
Chi conosce la realtà, a partire da quella giudiziaria, dell’emergenza rifiuti in Campania, ha ben chiaro questo schema:
1. Mandanti: grandi multinazionali e banche del nord;
2. Esecutori materiali: politica “nazionale” e apparati deviati dello stato.
3. Ultima ruota di questo carro infame: politica locale e criminalità organizzata, ovvero manovalanza locale.
Nel genere Fantasy di stampo lombrosiano in cui Saviano è maestro, invece:
1. Mandanti: non esistono. Se proprio vi accenna, stando ben attento a non fare nomi, è per giustificarli:  “Le aziende del nord appaltano lo smaltimento dei rifiuti a ditte apparentemente legalizzate che riescono a fare enormi sconti: specialmente in una congiuntura economica come questa, possono fare la differenza tra sopravvivere e fallire”.
2. Esecutori materiali: non pervenuti.
3. Ultima ruota del carro: è tutta colpa loro. Dei politici locali, e quindi dei campani che li hanno votati: “Chi sono i responsabili di questo disastro ambientale e umano? (…) possiamo poi risalire fino a coloro i quali, plebiscitariamente eletti, hanno rappresentato il potere in Campania negli ultimi anni. Due personalità si stagliano in questo scenario di morte: Antonio Bassolino e Nicola Cosentino”.
E allora facciamo noi ciò che Saviano evidentemente non è in grado di fare: partiamo dai “vertici”, ovvero dalla multinazionale Impregilo, insieme a FIBE e FIBE Campania (aziende del gruppo FISIA, a sua volta controllata al 100% da Impregilo), e dalle banche (ABI).
“Sul meccanismo che ha portato a sommergere la campania sotto cumuli di rifiuti non ci possono più essere dubbi. Questo meccanismo è la sistematica violazione dell’ordinanza con cui, dal marzo 1998, l’allora ministro degli interni Giorgio Napolitano aveva delineato i termini con cui avrebbe dovuto essere affrontata la crisi dei rifiuti. L’elettricità prodotta dagli inceneritori avrebbe goduto, per un periodo di 8 anni, degli incentivi CIP6, cioè di un prezzo di cessione dell’elettricità generata con i rifiuti 4 volte superiore al costo di produzione di un ordinario impianto termoelettrico.”
Dalle perizie di Paolo Rabitti, documentate nel volume Ecoballe (Aliberti editore), possiamo apprendere nel dettaglio come innescando la crisi dei rifiuti in Campania è stato possibile ricavare un fiume di danaro.
Prima violazione: scelta a favore del cosiddetto “tutto fuoco“. Si bruciano tutti i rifiuti prodotti dalla regione, non solo la parte residua della raccolta differenziata: più si brucia, più si guadagna. Ancor più grave, si affida ad un privato, ovvero l’impresa vincente, un compito che dovrebbe spettare alle istituzioni pubbliche, ovvero scegliere i siti dove costruire gli impianti.
Seconda violazione, relativa all’aggiudicazione del servizio. Viene scelto il progetto Fisia-Impregilo, che la commissione tecnica giudica il peggiore tra quelli presentati (era obsoleto già 12 anni fa). Inoltre l’impresa subordina la validità della sua offerta all’accettazione di una nota del tutto illegale dell’ABI, che mette al bando la raccolta differenziata di plastica e carta – gli unici materiali combustibili che possono alimentare un inceneritore – attraverso la formula deliver or pay. I comuni devono pagare a chi gestisce gli impianti la stessa tariffa, sia che facciano la raccolta differenziata o no. Lo scopo è massimizzare gli incassi da produzione di energia elettrica: più rifiuti ci sono, più si guadagna.
Terza violazione: cancellate dolosamente dal contratto le clausole che obbligano l’appaltatore a bruciare i rifiuti combustibili in altri impianti fino al completamento dell’inceneritore. Tali clausole obbligherebbero l’appaltatore a pagare il servizio a altri operatori, perdendo gli incentivi CIP6: meglio allora impacchettare quel tesoro in migliaia di “ecoballe”. Se poi la realizzazione dell’inceneritore tarda e le ecoballe diventano milioni, che importa? Valgono tant’oro quanto pesano, tanto è vero che le banche (ecco che torna in campo l’ABI) le accetteranno a garanzia dei prestiti concessi, come fossero tanti barili di petrolio: quelle accumulate nel solo 2007 valevano già un miliardo e mezzo di euro.
Quarta violazione: se gli stoccaggi illeciti costano troppo, si mette a carico del commissario, cioè di tutti, la differenza tra il prezzo pagato alla camorra, proprietaria delle aree di stoccaggio, e quello che l’appaltatore aveva indicato nella sua offerta al ribasso. Una porta spalancata alla camorra, che affitta camion per portare le ecoballe in giro per tutta la regione e i terreni dove accumularle.
Quinta violazione: per produrre più ecoballe si fanno lavorare i CDR al di sopra delle loro capacità, si sospende la manutenzione e li si mette fuori uso. Con gli impianti fuori uso e le discariche piene, i rifiuti si accumulano per le strade e l’emergenza torna a farsi pressante. tanto da giustificare nuove ordinanze, nuove deroghe, e nuovi impianti con lucrosi incentivi. Non più un solo inceneritore ma 4, e tutti con gli incentivi CIP6, aboliti nel resto dell’italia e fuorilegge per la commissione europea.
“Da diverse conversazioni intercettate – scrive Rabitti – emerge il sistematico ricorso al blocco della ricezione dei rifiuti come strumento di pressione per avere le autorizzazioni agli stoccaggi e per giustificare i provvedimenti”.
L’appalto per lo smaltimento dei rifiuti
Nel 2000 la F.I.B.E (Fisia – Impregilo – Babcock – Evo, ossia Energieversorgung Oberhausen Ag) si aggiudica l’appalto per l’intero ciclo di raccolta e smaltimento industriale dei rifiuti. Fibe e Fibe Campania sono aziende del gruppo Fisia, controllata al 100% da Impregilo. L’appalto prevede  la costruzione di sette impianti di produzione di combustibile derivato dai rifiuti e di due inceneritori, nonché la creazione di diverse discariche in campania. Commissario straordinario è il nuovo presidente della regione Antonio Bassolino.
La società vince l’appalto perché offre un prezzo per lo smaltimento dei rifiuti decisamente più basso delle altre imprese concorrenti, e tempi più rapidi per la consegna degli impianti , mentre la qualità del progetto presentato è decisamente scadente rispetto a quello presentato dall’altra concorrente ATI. A seguito di inefficienze e ripetute violazioni delle norme igieniche, Fibe non consegna entro i termini l’impianto di termovalorizzazione di Acerra, e realizza impianti che producono ecoballe troppo umide, inutilizzabili per la produzione di CDR.
Ciononostante  Fibe continua per anni a produrre ecoballe che non possono essere bruciate, sia per assenza del termovalorizzatore, sia perché non a norma. Se ne accumulano così 5 milioni, corrispondenti a 6 milioni di tonnellate di rifiuti non smaltibili tramite termovalorizzazione, stoccate in giro per la regione.
Fonte: Commissione Bicamerale d’Inchiesta sul ciclo dei rifiuti e le attività illecite ad esso connesse, XIV Legislatura, relazione sulla Campania.
Le inchieste della magistratura
Nel Giugno 2007 la Magistratura di Napoli decide il congelamento dei conti correnti italiani del Gruppo Impregilo, per un valore di 750 milioni di euro, oltre all’interdizione dai lavori di pubblica amministrazione inerenti all’intero ciclo dei rifiuti per un anno. Il 31 luglio 2007 la Procura della Repubblica di Napoli deposita le richieste di rinvio a giudizio.
I reati contestati sono: truffa aggravata e continuata ai danni dello stato, frode in pubbliche forniture,  falso ed abuso d’ufficio. 28 gli imputati: tra questi Antonio Bassolino, insieme ai suoi collaboratori diretti (Giulio Facchi, Raffaele Vanoli), e soprattutto Piergiorgio Romiti ePaolo Romiti, vertici della Impregilo. Le società coinvolte nell’inchiesta sono Impregilo,  Fibe, Fisia Italimpianti,  Fibe Campania – Gestione Napoli.
Le imprese sono accusate dalla procura di aver progettato inceneritori non idonei e prodotto ecoballe di CDR scadente o inutilizzabile; tali irregolarità, inoltre, sarebbero state possibili solo grazie alla complicità e connivenza del commissariato per l’emergenza, che avrebbe omesso i controlli previsti.
Nel frattempo, un’inchiesta della Procura della Repubblica di Potenza vede indagato anche il ministro dell’ambiente Alfonso Pecoraro Scanio per associazione a delinquere e corruzione per rapporti ipotizzati dai magistrati con imprenditori legati allo smaltimento dei rifiuti.
Il 27 maggio 2008 vengono arrestate 25 persone, come risultato dell’inchiesta per epidemia colposa denominata “Rompiballe”. Tra gli arrestati Marta Di Gennaro (vice di Bertolaso all’epoca del suo commissariato)  e rappresentanti di aziende collegate al Commissariato per l’emergenza rifiuti in Campania, fra cui l’amministratore delegato di Fibe S.p.A. Massimo Malvagna. Le accuse vanno dal traffico illecito di rifiuti al falso ideologico e truffa ai danni dello Stato.
Anche il Prefetto di Napoli, Alessandro Pansa, riceve nella stessa data un’informazione di garanzia circa presunte irregolarità in atti relativi alla società FIBE. Il 24 luglio 2008 la posizione del commissario Bertolaso e degli ex commissari Catenacci e Pansa viene stralciata per decisione della Procura, peraltro contestata da alcuni dei sostituti procuratori.
Il 17 dicembre 2009 il Tribunale di Napoli dispone però la trasmissione di tutti gli atti d’indagine alla Procura di Roma, poiché nell’inchiesta è coinvolto, sia pure con richiesta di archiviazione, anche il PM della procura napoletana Giovanni Corona, ex consulente giuridico del commissariato. L’inchiesta viene dirottata nel cosiddetto porto delle nebbie.

L’innominabile Impregilo
E’ principale gruppo italiano nel settore delle costruzioni e dell’ingegneria per dimensioni e fatturato, si occupa di  infrastrutture per il trasporto, ciclo di trattamento delle acque reflue e dissalatori e opere per l’ambiente. Per estensione e localizzazioni costituisce una multinazionale: è il primo general contractor italiano nel settore delle grandi opere.
Negli anni 1989 e 1990, FIAT IMPRESIT e COGEFAR si unirono nella COGEFAR-IMPRESIT. Successivamente furono incorporate le società GIROLA e LODIGIANI, diventando IMPRE-GI-LO. A seguire fu incorporata anche la società d’ingegneria Castelli. Presidente del gruppo era Franco Carraro(1994 – 1999).
L’assetto azionario (IGLI) dal 2007  è suddiviso al 33% da ARGOFIN (Gruppo Gavio), Autostrade (famiglia Benetton) e Immobiliare Lombarda (gruppo Ligresti).
Presidente e amministratore delegato: Fabrizio Palenzona e Alberto Rubegni. Comitato esecutivo: Antonio Talarico, Giovanni Castellucci, Beniamino Gavio, Andrea Novarese e Giuseppe Piaggio.
Le denunce di Rosaria Capacchione e Walter Ganapini
A tutto questo quadro, già di per sè molto edificante, vanno aggiunte la denuncia di Rosaria Capacchione (giornalista sotto scorta per minacce di morte da parte della camorra) sui contatti tra servizi segreti e camorra, e quella di Walter Ganapini, assessore all’ambiente della regione Campania, che denuncia di essere stato chiamato per due volte dal capo dei servizi segreti, che gli avrebbe urlato del coinvolgimento della presidenza della repubblica nella vicenda di Parco Saurino.
Lorenzo Piccolo

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