mercoledì 7 agosto 2013

Il "morbo della mucca pazza" colpisce ancora. Un caso anche nel beneventano.



La U.O.C. di Neurologia con Stroke Unit diretta dal Dott. Michele Feleppa, ha emesso una diagnosi di rilevante importanza su un paziente dell'area irpina giunto all’osservazione per una sintomatologia esordita verso la fine del mese di giugno 2013 e caratterizzata da instabilità statica e dinamica seguita da difficoltà nell’eloquio. Ricoverato presso altra Unità Operativa di Neurologia, veniva dimesso con diagnosi di “Cisti del III ventricolo. Emisindrome cerebellare”. Per il progressivo peggioramento della sintomatologia descritta il paziente afferiva presso il PS del “Rummo” e da qui, per competenza, ricoverato presso il reparto di Neurologia, in data 13.7.2013.All’ingresso in reparto il paziente presentava una disartria; dismetria alla prova indice-naso bilateralmente; atteggiamento distonico specie all’arto superiore sinistro. In considerazione dell’età del paziente nonché dell’andamento progressivo della sintomatologia, è stato posto il sospetto di patologia degenerativa subacuta del SNC (in particolare una encefalopatia spongiforme), per cui ha praticato esame RM encefalo ed EEG seriati. Tali accertamenti hanno supportato l’ipotesi diagnostica, confermata ulteriormente dall’esame liquorale, con ricerca della proteina prionica (14.3.3), effettuato presso il Laboratorio della Clinica Neurologia della Seconda Università degli Studi di Napoli (Direttore Prof.R.Cotrufo).Nel corso della degenza il paziente è andato incontro ad un progressivo peggioramento clinico caratterizzato da rallentamento ideo-motorio, iniziale deterioramento cognitivo, peggioramento della disartria, comparsa di impaccio motorio sia nella motilità segmentaria che nella deambulazione, nonché comparsa di movimenti involontari tipo mioclonie specie all’arto superiore.
Si precisa che: in data 30 luglio, si decideva di dimettere il paziente con diagnosi di “Encefalopatia spongiforme probabile” (non è scientificamente possibile al momento una diagnosi di certezza “in vivo”) ed inviarlo presso il Centro Regionale Campano per la Diagnosi e Sorveglianza delle Malattie da Prioni dell’Uomo.
Tale malattia, conosciuta anche con il nome di Morbo di Creutzfeldt-Jakob è simile a quella causata da ingestione di carne infetta dal morbo della “ mucca pazza”.
La Direzione Medica di Presidio ha provveduto a tutti gli adempimenti previsti per legge in caso di tali diagnosi.

N.B.
In Italia l’informazione al pubblico è stata disastrosa. In un primo tempo i ministeri dell’allora Sanità e dell’’Agricoltura (Pecoraro Scanio) hanno cercato di ignorare il problema, sostenendo che le carni made in Italy non erano coinvolte. 
Poi, quando tutta l’Europa è stata investita dalla crisi, le autorità sanitarie non hanno potuto negare l'evidenza e si sono adeguate ai controlli decisi in sede europea. Ancora oggi vengono fatte analisi su tutti i bovini con più di 30 mesi destinati alla macellazione. Solo in Italia nel 2006 sono stati testati 650.000 capi riscontrando  positività .
Lo scandalo alimentare ha avuto come risvolto positivo l’adozione della tracciabilità obbligatoria per le carni bovine, che si è poi estesa ai polli, alle uova e al latte. Il metodo, attraverso un codice attribuito a ogni animale o a ogni partita, permette di ricostruire l’intera filiera del prodotto in vendita.
E il divieto di utilizzo di mangimi o farine animali contenenti carne e ossa per erbivori come le mucche, perversione dell'allevamento intensivo all'origine dell'epidemia. 

I maggiori sospetti si sono incentrati sulla somministrazione ad animali da fattoria di mangimi basati sulle farine animali, derivate dalla triturazione di carcasse contaminate in impianti di riconversione.  Ci sono centinaia di tali impianti in tutto il mondo. Il problema è che si tratta di un ciclo che produce mangimi letali, peraltro non destinati solo al bestiame, ma anche ad per altre specie, come i gatti selvatici negli zoo inglesi e tra le popolazioni di visoni americane. I capi infetti non vengono bruciati, ma vengono riutilizzati e convertiti in cibo per animali, in un meccanismo industriale dove nulla va sprecato. 
Gli allevatori si disfano di qualunque carcassa animale consegnandola a tali impianti, dove i cadaveri vengono posti in presse e ridotti tramite alta pressione in una poltiglia trasformabile in farine. Le farine vengono quindi confezionate per essere vendute agli allevatori  sotto forma di mangimi composti per bestiame. Come si vede, può trattarsi di mangimi contaminati. 
Gli animali, spesso morti da più di 24 ore, venivano comunque inseriti nella produzione o catena alimentare. Nessun controllo per individuare eventuali malattie veniva effettuato prima del procedimento. La cosa sconvolgente è che molte mucche che erano state trovate "mutilate" (mancanti di vari organi, tessuti o ghiandole), sono state portate in questi stabilimenti e trasformate in cibo per i loro simili. 
L’Italia è riuscita ad arrestare l’epidemia di BSE, ma secondo Neuroprion (organismo che raccoglie 52 centri di eccellenza europei del settore) in Europa non si deve ancora abbassare il livello di guardia, perché il rischio di una nuova crisi di BSE non è definitivamente scongiurato.

Suggeriamo in proposito di leggere: Il morbo della mucca pazza continua a diffondersi
di Gabe Kirchheimer tratto da «Tutto quello che sai è falso»



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