giovedì 14 marzo 2013

L’Italia di Grillo e la bugia della crescita


Il leader del M5S non parla mai di ripresa. E non è un caso. I suoi comizi si rivolgono a un paese che non ci crede più. E si sta adattando alla crisi
Sul web, si sa, tutto è sotto gli occhi di tutti ma è nascosto, come nella Lettera rubata di Edgar Allan Poe. Su YouTube si può trovare un video curioso del 2010: Federico Pizzarotti concima la terra intorno alla città della quale diventerà sindaco due anni dopo. Si tratta della sperimentazione di un “orto sinergico” da parte del Movimento per la decrescita felice di Parma, allora unica esperienza politica del 38enne Pizzarotti. L’accostamento tra il Movimento 5 Stelle e il tema della decrescita non è una coincidenza. Molti dei consulenti (a titolo gratuito) che il neosindaco grillino ha coinvolto fanno parte di quel vasto e composito arcipelago culturale che fa riferimento al Movimento per la decrescita. Non è un caso che nei comizi di Grillo la parola crescita (al centro dei discorsi di tutti gli altri candidati) non compaia mai.
«È finita» è stata l’espressione urlata più volte martedì in piazza Duomo a Milano. Un’espressione liberatoria e insieme apocalittica. A differenza dei suoi competitor il leader del M5S non propone mai ricette per “tornare a crescere”, proposte per “rientrare dal debito”, idee per “recuperare competitività”, soluzioni per “uscire dalla crisi”. No. In qualche modo è come se Grillo e il suo elettorato fossero già oltre, avessero introiettato l’idea che siamo di fronte a un cambio di fase storica, un processo irreversibile: l’Italia, schiacciata da un debito pubblico monstre, non tornerà più a crescere, la ripresa è un’illusione, non ci rimane che modificare abitudini e consumi e regolare i conti tra noi. È, in fondo, quello che molte famiglie stanno già sperimentando da tempo. Da anni sentono annunciare una ripresa che non c’è, non ricevono segnali in senso contrario e provano a capire come cavarsela. Tagliando dove si può, riorganizzando consumi, abitudini, stili e tempi di vita.
L’idea che il debito pubblico rappresenti una spirale perversa dalla quale è impossibile uscire è esattamente il punto di partenza della riflessione del Movimento per la decrescita felice. «Il debito è un mostro che non si abbatterà mai, un meccanismo perverso ci impone di correre sempre di più per annullare l’effetto del debito» mi spiega Pierluigi Paoletti, ex agente di Borsa e presidente di Arcipelago Scec, consulente del sindaco di Parma per l’introduzione di una moneta locale complementare all’euro.
Naturalmente la tentazione sarebbe quella di dare l’addio all’euro. Lo stesso Grillo fino a poco tempo fa non lo escludeva. «Uscire dall’euro non è un tabù» annunciava a maggio all’agenzia Bloomberg. «La moneta unica è un cappio al collo che si restringe di giorno in giorno, si potrebbe ritornare alla lira attraverso una svalutazione del 40-50 per cento che renderà le nostre esportazioni più competitive». Negli ultimi mesi, però, l’ex comico ha corretto la linea. Nel suo programma non si parla di default pilotato, di uscita dall’euro o di ritorno alla lira. Si accenna a un vago referendum sull’euro e poco di più. «è vero, c’è stato un cambio di linea, in fondo si sa che l’opinione pubblica italiana è sostanzialmente favorevole all’euro e che per un paese come il nostro sarebbero maggiori i danni dei benefici» spiega a Europa Eugenio Benetazzo, guru finanziario molto ascoltato nel Movimento 5 stelle (i suoi interventi anche video sono pubblicati regolarmente sul blog di Grillo), che fa l’operatore di Borsa tra il Veneto e Malta e si definisce “economista indipendente”. «Non faccio parte del movimento, ma c’è una contiguità tra le loro idee e le mie» precisa Benetazzo che pubblica libri dai titoli inequivocabili, Neurolandia (Chiarelette), Era il mio paese (Baldini & Castoldi), Bancarotta(Sperling & Kupfer). La denuncia della finanza drogata non spinge però Benetazzo a pensare a soluzioni radicali come quelle rilanciate, per esempio, da Loretta Napoleoni, altra intellettuale vicina alla rete grillina.
In realtà quello che è chiaro è che sia nel Movimento 5 stelle che in quello per la decrescita felice la ricetta bottom up ha finito per prevalere su quella top down. Si pensa più a come cambiare abitudini di vita, tagliare la spesa pubblica e introdurre buone pratiche che a offrire un programma organico per il rientro dal debito e il rilancio dell’economia. La “Grillonomics” è più un modello di vita che un programma politico, un impasto ancora confuso di idee che attingono da esperienze diverse: dalle Transition town di Cristiano Bottone alla bioeconomia, dal microcredito all’ambientalismo, ai teorici della via tecnologica per la decrescita.
«Molte idee arrivano dagli anni Settanta» ci spiega Maurizio Pallante, altro consulente del sindaco di Parma e presidente del Movimento per la decrescita felice italiano, «Tra il 1971 e il 1972 escono tre libri fondamentali: I limiti della crescita dell’Mit, commissionato dal Club di Roma di Aurelio Peccei, dirigente industriale Fiat; La bioeconomia di Nicholas Georgescu-Roegen e La critica filosofica-sociale allo sviluppo di Ivan Illich. Oggi i riferimenti sono i saggi di Richard Sennett, il Mauss (Movimento antiutilitarista nelle scienze sociali) francese e l’economia del dono».
«Diffido della decrescita come idea ma apprezzo la portata etica del richiamo al cambiamento degli stili di vita, occorre fare meglio con meno e in modo sostenibile per le nuove generazioni» dice Walter Ganapini, ambientalista storico, già tra i fondatori di Legambiente ed ex presidente di Greenpeace. Che racconta come a Parma stia nascendo il progetto della fabbrica della materia di Enzo Favoino, uno degli esperti più ascoltati a Bruxelles, che dovrebbe prendere il posto dell’inceneritore tanto odiato dal sindaco Pizzarotti. «L’unione europea mette al bando l’incenerimento entro il 2020. Con la differenziata porta a porta il sindaco di Parma sta facendo bene: è un esempio da seguire».
@GiovanniCocconi

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