lunedì 25 febbraio 2013

Qualche riflessione prima delle elezioni


Contro l’euro-fascismo di Monti sarebbe necessaria una vera opposizione. Ma il PD NON E' SINISTRA !


La differenza tra destra e sinistra è l’unica cosa in cui possiamo ancora credere. Destra e sinistra oggi sono più vive che mai e si vede benissimo. La destra, in questo momento, significa Europa, Monti, banche e messa in ordine dei conti. Uno schieramento che domina perché ha il controllo dei media. La sinistra, invece, significa più politica sociale, meno disuguaglianze, sostegno ai diritti civili e una patrimoniale seria. Il patto con la Svizzera per il rientro dei capitali, noi non l’abbiamo fatto. L’hanno fatto Inghilterra e Francia, tassandoli al 20 per cento. La destra ha una natura darwiniana e razzista: vuole usare le differenze naturali per lo sviluppo. La sinistra vuole correggere le differenze naturali in modo che tutti possano competere cominciando dallo stesso livello. 
La situazione è tale che in virtù del ‘voto utile’ Bersani incastra persino Vendola, facendogli balenare, con estremo cinismo, l’idea delle nozze gay.
Bersani si appresta ad allearsi con Monti, Casini e Fini. E lo dice perfino: anche se avessimo il 51 per cento dei voti, cercheremmo l’alleanza con loro. Gianni VattimoOltretutto è quello che ha votato tutti i provvedimenti del governo Monti. Ha continuato a dire che la legge Fornero va bene così. Cosa pretende? Questa non è sinistra. L’unica speranza sarebbe un’affermazione di Ingroia tanto grande da convincerlo a stare da quest’altra parte. Purtroppo è un’ipotesi poco verosimile. C’è chi sostiene che Vendola sposterà Bersani a sinistra. E’ vero semmai il contrario: è Bersani che tira Vendola al centro. Mi aspetto un crollo di consenso per lui. 
Contro montismo, bersanismo e napolitanismo i più vicini a Rivoluzione Civile, tra tutti, sono in questo momento i grillini. Loro, però, vogliono godersi la loro verginità politica.
Non sono proprio di sinistra i grillini? Ma per sbattere le cose in faccia a Bersani vanno bene. La speranza possibile della sinistra è che si costituisca un grande movimento di opposizione. Negli anni ‘50 e ‘60 la Dc non ha mai compiuto le porcate di Berlusconi, perché c’era un partito comunista che la limitava. Se si va avanti con l’agenda Monti, temo non regga il tessuto sociale. Sono molto preoccupato di quanto può succedere. Economisti come Gallino, che condannano l’agenda Monti e poi annunciano di votare per Sel, Matteo Renzidovrebbero tenerne conto. Lui, che è tra i promotori di “Cambiare si può”, dovrebbe sapere quale rischio si corre tenendo bordone a Bersani.
In questa situazione internazionale bancaria ed europea, grandi aspettative che un governo di sinistra possa fare qualcosa di serio non ce ne sono. Se la sinistra estrema andasse al potere metterebbe in atto la patrimoniale. Ma riusciremmo davvero a farla? Oggi la rivoluzione francese sarebbe impossibile: a salvare Luigi XVI interverrebbe la Nato. 
Il capitalismo può essere estremizzato, come nel caso di Monti e delle banche, e trasformarsi così in fascismo, in governo di destra. Oppure può essere un capitalismo morbido, come quello che Bersani e Renzi ci propongono, in cui ci sono un po’ più di soldi per università e stato sociale: non so però fino a che punto potrà essere realizzabile. Se restiamo nell’ambito del sistema bancario internazionale, dei vincoli europei, pagando il debito, non so se ce la faremo. Guardiamo a quanto succede in Grecia, di cui parliamo troppo poco: tutti i giorni là c’è uno sciopero generale. L’Italia o si adatta a diventare una terra di sfruttamento, una specie di colonia, oppure vivrà un capitalismo ‘dal volto umano’.
Questa prospettiva, tuttavia, è difficile da immaginare stando l’ordine mondiale così com’è. Il debito: come facciamo a pagarlo? Come rispettare le norme dell’agenda Monti, senza sputare sangue nei prossimi dieci anni? Non esiste un’alternativa rivoluzionaria al riformismo. Questo è il problema. La sinistra deve inventare una forma di opposizione dura e robusta per limitare i danni di questi governi euro-bancari. In Europa, ad esempio, si potrebbe tentare con Hollande e con la Spagna la trasformazione della Bce in una banca come la Federal Reserve. Immagino in ogni caso una situazione di lungo conflitto sociale o perché non si riesce a fare la maggioranza governativa o perché si riesce a farla con le forze cosiddette europeiste, quindi reazionarie, conservatrici e bancarie. Davvero occorre prepararsi alla resistenza. No Tav è un esempio: lì c’è un’iniziativa antieconomica,Mario Montiantipopolare. E’ qualcosa che continuano a volere imporre dall’alto ed è un banco di prova dell’attuale capitalismo di rapina.
Tutta l’insistenza di Monti sul fatto che ci ha salvati dal baratro è una retorica terroristica. La discesa dello spread vantata da Monti ha provocato un aumento dei disoccupati: 100 mila nuovi disoccupati nell’anno del suo esecutivo sono frutto della sua politica. Ci ha salvati, da cosa? Altro che discontinuità con le politiche precedenti. Monti ha fatto quella politica che Berlusconi non ha avuto il coraggio di fare. Tanto è vero che il Pdl ha approvato senza alcun problema tutte le sue iniziative. A sinistra abbiamo recalcitrato, ma poi abbiamo accettato lo stesso. La domanda è: perché non siamo andati a votare subito dopo la caduta di Berlusconi? Avremmo risparmiato tempo e fiato. Cosa ci abbiamo guadagnato a sospendere la democrazia e ad aumentare i disoccupati? Tutto questo solo per l’immagine internazionale dell’Italia che è costruita da quegli stessi media che, se lo volessero, potrebbero cambiarla.
(Gianni Vattimo, dichiarazioni rilasciate a Rossella Guadagnini per l’intervista “Elezioni, Vattimo: un voto di resistenza antimontiana”, pubblicata da “Micromega” il 18 febbraio 2013).

Fermare i nazisti bianchi e i loro uomini, Bersani e Monti

...anche il governo americano si è convinto che la crisi della finanza mondiale è stata sfruttata e creata da un’azione criminale. E chiama in giudizio, dopo tre anni di indagini, “Standard & Poor’s”. Il che fa venire in mente che la Procura di Trani, che aveva preso di mira la filiale italiana di “S&P”, aveva visto giusto. L’agenzia di rating più famosa del mondo, la più grande, è accusata di aver dato “voti” troppi alti a una ventina di “Cdo” (collateralized debt obligations, una forma di derivati), cioè di aver tratto in inganno gli investitori americani e di tutto il mondo, provocando il collasso di grandi banche come la Bear Stearns e la Lehman Brothers. Ma non solo le banche americane: ha fatto esplodere anche banche europee come la Royal Bank od Scotland, che poi è stata salvata dal governo di Londra, e la Kbc belga, salvata dal governo di Bruxelles.
Tutta la crisi mondiale è cominciata così. E noi adesso ci troviamo di fronte a un presidente degli Stati Uniti che chiede 5 miliardi di dollari di danni per il Giulietto Chiesagoverno americano. Ma la “Standard & Poor’s” deve pagare i danni solo al governo americano o dovrebbe pagarli a tutto il mondo? Certo non potrebbe, e infatti sono terrorizzati da questa vicenda: hanno cercato di trattare col governo americano per tre anni di seguito, per patteggiare; ma non ci sono riusciti, e così si sono ritirati perché temono che gli farà causa mezzo mondo, esattamente come sto dicendo io. Ora, il mondo intero avrebbe il diritto di chiedere i danni. E quando dico il mondo intero dico: anche noi. Perché tutto quello che è successo dopo – dopo queste vicende che sono cominciate nel 2006, 2007, 2008 – è andato a trasferirsi tutto sul debito europeo. Quindi, sostanzialmente, noi stiamo vivendo una crisi che è stata prodotta non in Europa, non in Italia, ma negli Stati Uniti e nella City of London, da un gruppo di criminali. Questo è il reale problema che abbiamo di fronte: la vera radice della crisi finanziaria mondiale.
Dunque, se davvero dovessimo chiedere i danni, non li dovremmo chiedere a “Standard & Poor’s”, che in fondo è una grande agenzia di rating, ma niente di più. La questione che dobbiamo porci è: chi ha lasciato fare alla “Standard & Poor’s” tutto questo? Visto che si tratta di un’impresa americana, chi ha questa responsabilità? Noi i danni li dovremmo chiedere al governo degli Stati Uniti d’America, che ha sempre consentito che “Standard & Poor’s”, e non solo questa, truccasse le carte. E’ da Clinton in avanti – dal presidente Clinton, democratico – che le banche degli Stati Uniti, le grandi banche d’investimento, hanno preso nelle loro mani, interamente, il controllo della Bill Clintonfinanza mondiale. E lo hanno fatto senza regole. Per questo il collasso si è ripercosso anche su di noi.
Stiamo parlando ormai da tre anni della crisi del debito – greco, italiano, spagnolo, portoghese – e addirittura abbiamo avuto un “quasi colpo di Stato”, per non dire apertamente un colpo di Stato, che ha portato al governo uno degli uomini che hanno interpretato, in Europa – insieme a Mario Draghi, che presiede la Banca Centrale Europea – questa crisi. Cioè, abbiamo portato al governo un Quisling delle banche: si chiama Mario Monti. Questo è il quadro. Se non usciamo da questo inghippo, continuiamo a essere presi nella trappola di un debito che non abbiamo creato noi, di cui non sapevamo nulla, e che risiede e ha le sue fondamenta in un’operazione truffaldina, come viene riconosciuto in questo momento.
Naturalmente non si tratta di un processo penale ma di un processo civile amministrativo, ma credo che abbiamo il diritto di porre il problema sulla questione penale, perché si tratta di azioni criminali che coinvolgono interi popoli. E adesso ci troviamo di fronte alle regole europee, che sono state scritte formalmente dagli europei – ma in realtà sono state scritte dagli stessi banchieri americani, che agivano in totale libertà e senza regole, su scala mondiale. Maastricht, Lisbona: questi trattati, che l’Europa ha fatto propri, sono quelli che oggi ci mettono un cappio attorno al collo e ci costringono a chiedere – alle stesse banche che hanno prodotto il disastro – da essere così cortesi da finanziarci, imponendoci i loro tassi di interesse. E quando le banche falliscono, come sono già fallite (due volte), le banche Giulio Tremonticentrali erogano nuovo denaro virtuale, per far rimettere in movimento le banche – e non gli Stati, e non la vita dei popoli.
Mi pare che la definizione migliore di tutto questo l’abbia data proprio Tremonti, quando ha scritto in un suo libro che siamo di fronte ad un “nazismo bianco”. E adesso noi andiamo alle elezioni, e il signor Monti – che ha interpretato questa politica perfettamente – ritornerà al governo, insieme a Bersani: si stanno mettendo d’accordo con grande fretta, Monti e Bersani, perché sentono sul collo la pressione di Berlusconi – addirittura! E vogliono mettersi d’accordo in tempo per continuare la loro macelleria. Io credo che gli dobbiamo dare addosso, con tutte le forze di cui disponiamo: non votandoli, e facendo in modo che meno gente possibile li voti. Perché sono i peggiori: Monti e Bersani, insieme, sono i peggiori. Dobbiamo saperlo: di peggio non potrà venire. Perché il peggio è rappresentato dalla politica che produce questo disastro. E questo disastro lo producono loro. Quindi Bersani e Montibisognare fare in modo che non vincano, che non prendano la maggioranza, che non possano governare questo paese e che si vada presto a nuove elezioni, con nuove forze politiche, capaci di cambiare il corso delle cose.
A patto che, naturalmente, non vogliamo farci tagliare a fette, come i salami, dai fratelli massoni che governano l’Italia e l’Europa – non solo il Monte dei Paschi di Siena. Il Montepaschi è uno scherzo da bambini: la stessa cosa sta succedendo a Wall Street in questo momento, ma anche a Francoforte, dove la Deutsche Bank è sotto inchiesta per le stesse ragioni che hanno messo sotto inchiesta la “Standard & Poor’s”. Quindi, guardate che successione: “Standard & Poor’s”, Deutsche Bank, Monte dei Paschi di Siena. Siamo nelle mani dei banchieri. Bisogna togliere il potere dalle mani del nazismo bianco: questo è il compito che abbiamo di fronte.
(Giulietto Chiesa, testo del video-editoriale “Chi sono i veri danneggiati da Standard & Poor’s?”, pubblicato da “Megachip” il 7 febbraio 2013).

Politici muti: pagati e ricattati dalla mafia della finanza

Mps, tangenti, Finmeccanica? Sono solo la vetta dell’iceberg, che spesso esplode – a orologeria – col pretesto puntuale della corruzione, grazie a dossier tenuti nel cassetto per il momento opportuno: vedi la liquidazione improvvisa di Di Pietro e della Lega, anch’essa travolta da strani scandali, e persino le intimidazioni che, da Siena, minacciano il Pd: guai a sgarrare, a deviare dall’agenda Monti. E’ la mafia, bellezza: e tu non puoi farci niente. Lo sostiene un economista europeo come il professor Bruno Amoroso. La mafia di cui parla è quella della finanza, che adotta gli stessi metodi di Cosa Nostra: usa i politici, li compra, li ricatta e li fa fuori quando non servono più o, addirittura, quando minacciano gli affari. Il grande business? Aver permesso di inquinare, con “titoli spazzatura”, il portafoglio delle banche. Ricostruzione-choc: i nostri politici sono tutti sotto ricatto, perché hanno accettato – a suon di miliardi – di svendere il sistema bancario alla finanza tossica, senza protestare.
Un virus nato negli Usa, che ha infettato le banche europee. Fino all’assurdo finale dell’euro, la moneta che pretende di governare un continente: «Essere Giuseppe Mussariaddirittura governati direttamente da una banca, in questo caso la Bce, è un’idea da ospedale psichiatrico: è la moneta che deve servire noi, non viceversa». Così, mentre la politica continua la sua recita ipocrita, fingendo di litigare sul nulla, la finanza si è già mangiata la nostra economia: «In pochi anni, il rapporto tra economia reale ed economia finanziaria è diventato non più confrontabile», dice Amoroso a Perugia, presentando il libro-denuncia di Raffaele Ascheri sull’uomo del Montepaschi (“Giuseppe Mussari, una biografia non autorizzata”). Il problema? E’ ormai sotto gli occhi di tutti: «C’è una massa monetaria in giro per il mondo ottenuta grazie alla globalizzazione, quindi ai famosi processi di liberalizzazione e privatizzazione, che ha creato una montagna finanziaria che oggi domina l’economia e non solo», afferma Amoroso nel suo intervento, ripreso da “Megachip”.
Denaro virtuale, ottenuto con denaro: «Questo naturalmente ha una storia: tu parti da Nixon e arrivi ad Obama». Ma, in parallelo, «quello che è successo negli Stati Uniti è successo in tutta Europa, anche in Italia». E quello che è accaduto è semplice, dice Amoroso: «L’economia finanziaria ha prodotto sempre di più prodotti finanziari che gli economisti, con terminologia tecnica, nella letteratura economica chiamano “titoli spazzatura”». Ce ne sono vari tipi: dai cosiddetti “titoli ninja”, «creati per suicidarsi, coinvolgendo in cose strambe chi li detiene stabilmente», fino ai “titoli al neutrone”, ispirati dal nome della bomba che ammazza le persone ma risparmia gli edifici. Difatti: «I “titoli al neutrone” hanno fatto fallire i Clintonpossessori di casa, a partire dagli Stati Uniti, per arrivare a noi». Hanno quest’effetto: «Distruggono l’economiadelle persone ma lasciano intatti gli immobili di cui poi le banche si appropriano».
L’economia finanziaria ha preso il controllo del potere, quello economico e poi anche quello politico. E’ accaduto anche in Italia, naturalmente, grazie all’uomo chiave del super-potere finanziario anglosassone: Mario Draghi. Tutto comincia nel 1971, quando gli Usa riformano il sistema bancario e danno il via libera alle banche d’affari. Il colpo di grazia arriva negli anni ’90 con Bill Clinton, che liberalizza i mercati finanziari, padroni a quel punto di creare impunemente i famosi “titoli spazzatura”. Quella legislazione «viene di sana pianta importata in Italia», dove Draghi, prima impegnato alla Banca Mondiale, nel 1991 «diventa improvvisamente direttore generale al Tesoro». Da quella posizione, Draghi «promuove la privatizzazione di tutte le banche italiane». Nascono così le grandi banche d’affari come Intesa, Unicredit e Montepaschi. «Sono queste le banche che sono state veicolo dei “titoli spazzatura”». E chi scelse Draghi come “cavallo di Troia” per promuovere il processo di privatizzazione? «Goldman Sachs, la Lehman Brothers e la svizzera Ubs».
Terminato quel decennio, dopo aver operato ufficialmente come “servitore dello Stato”, Draghi «ha quindi tutti i dati sensibili in mano», dunque «conosce tutto sul nostro sistema bancario che lui ha creato». E cosa fa? «Va a lavorare, senza colpo ferire, alla Goldman Sachs». Dal 2002 al 2005, diventa il manager della Goldman Sachs per l’Europa, «nel silenzio totale di tutti, dei politici (destra, sinistra) e degli istituti di controllo». E poi dove va? In pensione, carico di miliardi? Macché. Nel 2006 diventa governatore della Banca d’Italia, cioè «l’istituto di sorveglianza di tutto il sistema del credito». Ovviamente “non si accorge” che in quegli anni, proprio attraverso la Goldman Sachs, sono arrivate valanghe di “titoli spazzatura” nella pancia delle banche italiane. «Però lui, il “sorvegliatore”, non lo sa». Cade dalle nuvole, infatti, quando scoppia la grande crisi finanziaria del 2008. L’anno seguente, nella sua relazione, ammette: il crac mondiale ha tolto 5 punti di DraghiPil all’Italia, provocando il crollo di un’economia che «veniva da una crescita tra le più alte d’Europa».
Che fare, a quel punto? Semplice: congelare subito i super-profitti alle banche, bloccare i favolosi bonus dei dirigenti bancari e sequestrare tutti i titoli, cercando di identificare le banche inquinate dalla “spazzatura”, per poi magari fare causa anche al governo Usa, che quei crediti aveva garantito. Figuriamoci. «Draghi disse: siccome ci hanno rubato 5 punti di Pil, dobbiamo riformare il mercato del lavoro, tagliare pensioni e sanità, riformare la scuola». Ma che c’entrano il lavoro, la scuola, la sanità e le pensioni con la truffa dei banchieri-spazzatura? La politica, quella che avrebbe dovuto “battere i pugni”, ha semplicemente obbedito: governo Monti, riforma Fornero, silenzio-assenso (e voti a favore, in aula) da Pd e Pdl, i cantori del “voto utile”, rimasti muti di fronte al suicidio economico-sociale dell’Italia: prima la devastazione delle banche, poi quella del paese. Lo ha spiegato bene Paolo Barnard: Elsa Fornero lavora dal 1999 per il settore pensionistico privato. Il miglior business? Ovvio: demolire il settore pubblico, anche la scuola e la sanità. La crisi fa esplodere i fatturati degli sciacalli, è il loro affare d’oro: spremere la classe media, che si rifugia nel settore privato dopo che quello pubblico è stato terremotato.
Dal maggio 2011, intanto, l’inarrestabile Draghi è alla Bce. Super-poltrona dalla quale «comincia a riacquistare, anche dalle banche italiane, i “titoli spazzatura” in cambio di denaro contante». Tecnicamente: «Sta facendo un riciclaggio, e con lui il sistema finanziario sta facendo il riciclaggio dei “titoli spazzatura” che la Goldman Sachs ha esportato in Europa e anche in Italia, e che noi oggi paghiamo per riciclarli, cosicché poi nessuno riesca neanche più ad identificarli». Ma non era la mafia, almeno dei film, a fare questo lavoro sporco? Questa, conclude Amoroso, è una mafia ben più potente. Che infiltra le istituzioni e usa politici, partiti e banche, attraverso l’enorme ricatto del potere che viene dal denaro. Lo spiega bene il caso Mps. Ma Amorosoattenzione: siamo tutti in pericolo, perché «in tutte le banche italiane ci sono queste bombe a orologeria».
Domanda: perché, su questo, la politica tace? «Quello che a me sorprende – dice Amoroso –è che in Italia non ci si chieda come mai, nel corso degli ultimi 15-20 anni, sono stati rovesciati fiumi di denaro sulla politica». C’è una ragione, ovviamente: «Perché poi, questi fiumi di denaro dati ai politici e alla politica, non è che sono venuti di nascosto». Macché, «erano trasparenti, sono stati fatti attraverso le leggi, i regolamenti, e nessuno è intervenuto». Nessuno: «Non è intervenuto il Capo dello Stato, non sono intervenuti la Ragioneria, la Corte dei Conti». Il veleno è penetrato nel più assoluto silenzio, e quel silenzio è stato pagato profumatamente. «E’ stato fatto perché i politici non vedessero, non sentissero, non parlassero. In questo modo è stato acquisito un consenso: anche per questo, in questi vent’anni, sono state fatte le cose più ignobili».
 
E oggi, mentre queste bombe ad orologeria scoppiano, «i politici tacciono, non fanno nulla». Perché? «Perché i corruttori sanno bene dove stanno i soldi che hanno dato ai corrotti, ed ecco che inizia il gioco sporco». Esempio: il Carroccio. «La Lega rompe le scatole, fa i capricci perché non vuole più sostenere il “governo della finanza”? La decapitano». Stessa sorte è riservata a chi si mette su quella strada: «Nel momento in cui un personaggio – a me non simpatico, tra l’altro di destra, come Di Pietro – comincia a fare i capricci, che fanno? Lo mettono sulla graticola». Rischia persino l’obbediente Pd: nel momento in cui il partito di Bersani  ha anche solo «qualche dubbio amletico», fuori tempo massimo, e «pronuncia qualche parola in difesa degli interessi dei cittadini, dei lavoratori, degli Bersani, Bossi e Di Pietroimprenditori», ecco che scatta la minaccia, attraverso il crac di Siena: state attenti, perché altrimenti toccherà anche a voi.
«Abbiamo una politica che non solo istituzionalmente è dipendente dalla Banca Centrale Europea, che poi è la finanza statunitense, ma abbiamo una situazione in cui la politica è sotto ricatto perché è stata corrotta attraverso un processo sistematico», denuncia Amoroso. «Si è creato un sistema di potere collusivo, fatto di ricatti, di pressioni – un sistema che ci fa capire anche la vicenda Finmeccanica». Premessa: «Un paese che si butta nell’industria di guerra è chiaro che entra nei meccanismi più perversi della corruzione». Eppure, «certe magagne vengono fuori nel momento in cui bisogna dare dei segnali forti, perché il “governo della finanza” altrimenti non vince le elezioni: questo è il caso italiano, ma avviene dappertutto». Per questo, il caso del Monte dei Paschi di Siena «aiuta a capire questi meccanismi», perché spiega «come funziona questo blocco di potere nuovo, dominante, che si è formato». Mette in luce «i suoi aspetti più odiosi, più Totò Riinabiechi». Metodi antichi, in realtà, direttamente «mutuati» da un’organizzazione non proprio nata oggi: la mafia.
«Voi sapete – aggiunge Amoroso – che la mafia iniziò la sua espansione coi palazzinari, poi col business dell’agricoltura, poi con quello della droga». Oggi c’è lafinanza, ma la musica non cambia: «Ogni volta che la mafia ha cambiato strategia che faceva? Faceva arrestare tutti quelli del vecchio gruppo dirigente». Naturalmente, «ogni volta che è successo che hanno arrestato tutti i capi della mafia, in realtà stavano ripulendo un giro di dirigenti, perché l’arresto di Riina è la fine della mafia della droga, che segna l’inizio della mafia della finanza». Testualmente: «La mafia dellafinanza è quella che oggi sta in sella e naturalmente elimina i personaggi un po’ sporchi e che si ostinano a voler guadagnare in forme che non sono moderne, che non fanno più parte delle cosche vincenti del potere». Trasferite questo tipo di analisi, dice Amoroso – questo rinnovo dirigenziale delle organizzazioni criminali – a quello che sta succedendo anche nella politica italiana: «E’ chiaro che c’è dietro un bel disegno di potere che va avanti abbastanza indisturbatamente».

Unica opposizione vera, con idee di sinistra? Beppe Grillo

Per chi, nonostante tutto, trova ancora a sinistra – intesa nel senso fresco, aggiornato e post-ideologico ben espresso qualche settimana fa da Giulietto Chiesa – il proprio universo di riferimento politico, queste elezionisono un vero e proprio rebus. Chi la sinistra sostiene di rappresentare, in questa tornata, ha compiuto autentici capolavori di masochismo, andando oltre il fondo che già ormai pensavamo si fosse definitivamente toccato negli anni precedenti. A cominciare è stato Vendola, con la decisione suicida di allearsi con il Partito Democratico. A Vendola sarebbe bastato guardare alla sua sinistra e dire “uniamoci e torniamo in Parlamento”, e non avrebbe fatto fatica a porsi alla guida di una coalizione saldamente ancorata a sinistra, alternativa al Pd, facilmente accreditabile di una percentuale di voti ben superiore a quell’8% necessario ad entrare in entrambi i rami del Parlamento.
Invece Vendola, ad un’opposizione libera da condizionamenti e capace di rinvigorire e cementare una sinistra italiana uscita disastrata dalle politiche Vendola e Bersanidel 2008, ha preferito spaccarla ulteriormente e puntare su un’alleanza innaturale col Pd, che lo costringe ogni giorno che passa di questa campagna elettorale a fare i salti mortali per garantire al suo elettorato che lui con Monti non si alleerà mai (come se, del resto, essere alleati di Enrico Letta e Fioroni, invece, sia una cosa che un elettore di sinistra, oggi, possa digerire facilmente). Dal che discende, oltre che un’emorragia di voti per Sel (oggi accreditata della metà dei consensi che i sondaggi le assegnavano prima della decisione di “sposare” il Pd), un vero e proprio enigma per un suo elettore: se vota Sel, lo fa perché vuole contribuire, da sinistra, a un’alleanza di governo, altrimenti voterebbe “Rivoluzione Civile”; ma che senso avrebbe allora votare Sel se, come è evidente, Bersani sarà costretto all’alleanza con Monti e Vendola a quel punto si sfilerà, come non si stanca mai di assicurare?
Lasciando gli elettori di Sel al loro enigma, passiamo appunto a “Rivoluzione Civile”. Ricreare la fallimentare accozzaglia elettorale che era stata la Sinistra Arcobaleno nel 2008 pareva francamente arduo. Cinque anni dopo ci si è riusciti addirittura peggiorandola, con l’innesto di un corpo estraneo, Di Pietro (che, visto da sinistra, non può che essere considerato tale), e con l’affidamento incondizionato ad un improvvisato “deus ex machina”, Ingroia, nel segno di un personalismo politico modaiolo e banale che con la sinistra dovrebbe centrare poco o nulla (pur con tutto il rispetto per Ingroia). Intendiamoci: quello di “Rivoluzione Civile” è un programma interessante di cui un elettore di sinistra potrebbe pure accontentarsi (ammesso che, a sinistra come a destra, esistano ancora elettori interessati ai programmi). Tuttavia, la dinamica frettolosa con cui “Rivoluzione Civile” è nata, che finisce con il farla apparire come una sorta di Frankenstein prematuramente partorito, rischia di annullare la bontà di qualunque Ingroiaprogramma, già poco dopo la chiusura delle urne.
L’aspetto masochistico di tutto ciò è che la nascita di “Rivoluzione Civile” a scopi meramente elettorali ha finito con il frenare bruscamente – se non addirittura compromettere – l’unico vero processo di costruzione democratica e dal basso in Italia di un soggetto politico di sinistra, quello che stava avvenendo all’interno di “Cambiare si può”, come dimostra la presa di distanza da “Rivoluzione Civile” da parte dei cosiddetti “professori” che di “Cambiare si può” sono la mente. Così, per il nostro elettore di sinistra, si ripropone con “Rivoluzione Civile” un altro enigma: se vota “Rivoluzione Civile”, lo fa perché vuole che nel prossimo Parlamento ci sia un’alternativa a sinistra della coalizione Pd-Sel; ma che senso avrebbe votare “Rivoluzione Civile” se questo soggetto dovrà poi fare i conti con un collante elettorale destinato a venire subito meno, col rischio – molto concreto – di assistere ad un triste spettacolo di disunione interna, dal quale l’alternativa di sinistra uscirebbe del tutto indebolita, per di più col rischio che questa dinamica si ripercuota anche fuori dal Parlamento, come lascia intendere quanto già avvenuto nell’ambito di “Cambiare si può”?
In questo enigmatico contesto, ecco che – paradossalmente – il nostro frastornato elettore di sinistra potrebbe essere tentato dall’idea che il voto speso meglio sia quello dato al “Movimento 5 Stelle”, guidato, anzi “capeggiato”, da uno che di sinistra non è mai stato, Beppe Grillo. Con lui, i rischi che si corrono con Sel e “Rivoluzione Civile” non ci sono: non c’è nessun dilemma-alleanze come nel caso di Vendola e nemmeno un dilemma-tenuta come nel caso di “Rivoluzione Civile”, ovvero si può stare certi che il “Movimento 5 Stelle”, una volta in Parlamento, farà per tutta la legislatura un’opposizione netta, radicale e granitica. I problemi, con Grillo, sono altri e ben noti, guardandolo da sinistra. E non stiamo parlando dei dubbi sul fatto che si tratti di una forza realmente di sinistra. Ha scritto uno dei più acuti osservatori del “Movimento 5 Stelle”, Andrea Scanzi, sul “Fatto Quotidiano”, facendo riferimento al loro programma: «Sanità pubblica, scuola pubblica, reddito minimo garantito per tutti, pacifismo, ambiente, liste pulite, Grilloabbattimento dei costi dellapolitica, no agli inceneritori, etc: il “Movimento 5 Stelle” è di destra come Storace di sinistra».
I problemi sono piuttosto altri, e innegabili: l’appiattimento sul “Capo” e la dipendenza totale da lui, la scarsa democrazia interna (sempre citando Scanzi: «Il M5S contiene anche questa anomalia di inseguire la democrazia dal basso – “Uno vale uno” – ma di essere al tempo stesso la dimostrazione – per ora – del contrario») e il populismo urlato dei toni (non dei contenuti). Ecco quindi la domanda: può un elettore di sinistra tapparsi occhi, orecchie e naso di fronte a questi che da sinistra non possono che essere visti come degli inaccettabili difetti del “Movimento 5 Stelle” e concentrarsi solo su quella che dal suo punto di vista può apparire come un’evidente qualità, ovvero essere la forza in gioco che meglio può garantire di poter contare, dentro il prossimo Parlamento, su un’opposizione netta, radicale e granitica fondata su contenuti di sinistra? Non lo sappiamo. Quello che è certo, tuttavia, è che si verificherebbe, a quel punto, ciò che proprio Grillo ha più volte affermato con enfasi: colui per il quale voto diventa un mio dipendente, e deve fare quello che io gli chiedo. E questo, forse, potrebbe essere il miglior modo di neutralizzare, da sinistra, ogni rischio di deriva populista e anti-democratica del “Movimento 5 Stelle”. Agli elettori di sinistra, da sempre minoritari e ora anche frastornati, l’ardua decisione.
(Marco Niro, “Il grande rebus delle elezioni viste da sinistra”, da “Megachip” del 10 febbraio 2013).

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