PS: visto che tanto non debbono fare campagna elettorale coinvolgendo i cittadini... a Torino prsenteranno un listone PD-FI-NCD... non debbono più nemmeno salvare le apparenze!!
Rosanna Carpentieri
Tra il 28 e il 12 ottobre si eleggono consiglieri e presidenti di 64 province e 8 città metropolitane: per la prima volta votano solo gli amministratori locali.
Da nord a sud le trattative per spartirsi i posti in consiglio (dai 10 ai 16 seggi)
Politica a larghe intese e ritorno di politici "impresentabili"
da Il Fatto Quotidiano del 22 settembre 2014
Prendi le elezioni per le Province e
togli gli elettori.
Poi togli i manifesti e le liste dei candidati affisse pubblicamente. Cosa resta?
I partiti politici.
Ma soprattutto una campagna
elettorale che riguarda pochi intimi e “listoni” dalle larghe intese per
spartirsi le poltrone da Nord a Sud. Ecco le nuove Province di
Matteo Renzi (e di Graziano Delrio che la riforma per l’”abolizione” degli enti l’ha voluta e redatta).
Ed ecco le prove generali per le
elezioni di secondo grado che presto potrebbero
riguardare anche il Senato progettato dal ddl Boschi.
Per la prima volta
infatti non votano i cittadini, ma gli amministratori locali.
E così
accade che, nella quasi totale ignoranza di tutti,
tra il 28 settembre e il 12 ottobre si votano consiglieri e presidenti di 64 province e 8 consigli metropolitani.
Si riducono gli eletti, da 2500 a 986 senza indennità
(anche se aumentano nei Comuni),
e alla fine della storia resta una faccenda tra politici: da Vibo
Valentia ad Alessandria, da Belluno a Savona, da Reggio Emilia a Lecce
la preoccupazione è quella di trovare i sostegni necessari per andare a
sedere nei nuovi consigli.
Insomma,
spartizioni all’insaputa degli elettori che, stando agli annunci, dovrebbero guadagnarne in efficienza al netto di minori competenze e una “maggiore responsabilità”.
Il sottosegretario
Delrio assicura che ci sarà un risparmio per lo
Stato, anche se non è ancora chiaro quanto: lui parla di 3 miliardi,
senza contare i costi delle città metropolitane, mentre l’Unione
province italiane per ora garantisce per
32 milioni di euro (ovvero le indennità). Restano fuori sia il personale in esubero che dovrà essere ricollocato, sia i costi dei nuovi enti.
Ma cosa cambia nella pratica e chi va alle urne?
I seggi in palio in ogni area sono da 10 a 16, assegnati con il sistema proporzionale e inoltre
il voto di ogni eletto è “ponderato” in base alle
dimensioni del Comune.
Per le Province dovranno esprimersi i sindaci e i
consiglieri comunali. I consiglieri potranno essere eletti per il
consiglio (2 anni), mentre i sindaci per la carica di presidente (4
anni).
La vera novità sono le città metropolitane che da
gennaio 2015 si sostituiscono alle rispettive province: alla guida va di
diritto il sindaco del comune capoluogo. I consiglieri metropolitani
sono eletti dai primi cittadini e dai consiglieri municipali. Il
Consiglio (eletto per 5 anni) è composto da un numero variabile di
persone (24 a Roma, Milano e Napoli; 18 a Torino, Venezia, Genova,
Bologna, Firenze e Bari; 14 a Reggio Calabria).
In molti casi, per risolvere i problemi di rappresentanza, ci si è messi d’accordo prima con
“listoni unici” che uniscono destra e sinistra.
A Ferrara ad esempio con la lista “Provincia insieme” corrono Pd, Fi, Lega. Con loro addirittura l’M5S: il sindaco grillino
Marco Fabbri non intende fare un passo indietro dopo il divieto di partecipare arrivato da Beppe Grillo.
A Vibo Valentia l’hanno
chiamato “l’accurduni”: Forza Italia, Fratelli d’Italia, Ncd e pezzi di
Pd si candidano tutti insieme sotto un unico cappello e tra loro c’è
pure Salvatore Vallone, ex assessore del Comune di Mileto sciolto per mafia. E’
intervenuto anche il Pd nazionale per disconoscerla, ma i locali hanno
replicato: “Abbiamo seguito le indicazioni della direzione
regionale”.
C’è poi
Brescia dove Pd e Forza Italia si presentano
insieme, nonostante i malumori degli amministratori azzurri che
chiedevano un’alternativa. A
Bergamo Forza Italia si è spaccata: parte dei
sindaci del partito di Berlusconi corrono per la lista del candidato Pd,
altri invece con la Lega Nord.
Storia diversa è quella della
Puglia: il listone pare fosse pronto sia a Taranto
che a Brindisi, poi le polemiche e le rivolte interne hanno spinto il
candidato governatore Pd
Michele Emiliano a bloccare tutto. E’ saltato il patto tra Fi e Pd anche a
Novara, con “grande dispiacere” del candidato
azzurro che sui giornali ha denunciato i dissapori tra le parti.
Per le
città metropolitana di
Torino e Genova vanno a braccetto Pd e Forza Italia.
Ma non sono solo le larghe intese il problema.
Le storie di accordi e
trattative accomunano tutta l’Italia senza bisogno di ricorrere agli
“inciuci”.
Già perché le elezioni provinciali sono anche il momento per
scomodare vecchie conoscenze. A Latina il centrodestra candida
Cosmo Mitrano, sindaco di Gaeta: ex alto dirigente
del comune di Fondi, era più volte citato nella relazione del prefetto
che chiedeva lo scioglimento della giunta per infiltrazioni mafiose.
A
Piacenza il candidato del Partito democratico è arrivato con un piccolo colpo di mano del sindaco Paolo Dosi. Si
racconta di una lunga cena, poi di una direzione notturna e di un sms
ricevuto all’improvviso per cambiare cavallo. E alla fine se lo sono
fatti andare bene tutti. A
Livorno rischia ancora grosso il Partito
democratico: i 5 stelle non si presentano, ma i loro voti potrebbero
essere decisivi per far vincere la lista civica sostenuta da altre forze
di sinistra. A
Parma sembrava tutto pronto per un accordo Pd-M5s e
invece all’ultimo è saltato tutto: Pizzarotti bloccato da Grillo e i
suoi, il Pd spaccato in mille liste. L’accordo è arrivato solo
all’ultimo momento. I più preoccupati per una poltrona sembrano essere
a
Modena: 36 candidati per 4 liste, ma almeno non ci
saranno larghe intese. Nella confusione generale chi cerca la
“trasparenza” è addirittura Forza Italia che ha appena
aperto il sito
www.obiettivo12ottobre.it: “Sarà”, dicono i
promotori, “il punto di riferimento per fugare i dubbi di chi in queste
ore si sta cimentando con la più bizzarra campagna elettorale fatta di
illogicità normative e strafalcioni legislativi”.
di Martina Castigliani
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