Il prefetto di Benevento, Ennio Blasco, è stato arrestato dalla Finanza per presunti episodi di corruzione relativi a certificazioni antimafia di imprese di vigilanza privata quando era prefetto di Avellino fra il 2009 e il 2011.
Ma per Benevento e il Sannio tale clamorosa notizia è solo l’ultima di una serie che ricorda un bollettino di guerra.
Il sindaco in carica del capoluogo, Fausto Pepe, è stato prima sottoposto a misure cautelari (l’allontanamento da Benevento) e poi in autunno rinviato a giudizio: due volte. Ancora: lo stesso sindaco e molti dei suoi assessori sono indagati in vari procedimenti.
Il politico sannito di più lungo corso (un quarantennio) Clemente Mastella, con sua moglie Lonardo e altri dirigenti dell’Udeur, è stato appena rinviato a giudizio a Napoli per associazione a delinquere e per altri reati.
Con loro sono imputati, anche i dirigenti dell’Asl beneventana nel 2008/2009. Nell’inchiesta, peraltro, è stato coinvolto anche un ex prefetto di Benevento…
Tutto ciò a pochi giorni di un’altra devastante indagine della locale Procura sulla stessa Asl e il management attuale che, per le implicazioni politiche (Nunzia De Girolamo non risulta indagata), ha portato alle dimissioni della ministra beneventana dal Governo Letta. Senza dimenticare che nel frattempo, a marzo, la Procura Antimafia (della DDA) di Napoli, con oltre 20 provvedimenti di arresto ai sensi del 416bis – vagliati poi da Gip e poi dal Tribunale del riesame -, ha sancito che Benevento è diventata terra di camorra.
Ebbene non bastasse questo bollettino di guerra, ieri, il prefetto in carica di Benevento, Ennio Blasco, è stato arrestato dalla Guardia di Finanza per presunti episodi di reato proprio nelle certificazioni antimafia relative a imprese di vigilanza privata.
La massima autorità di governo nel Sannio, dunque, è ora agli arresti domiciliari insieme a tre imprenditori del nolano. Per l’accusa li avrebbe favoriti, ottenendone in cambio di gioielli, viaggi e altri benefici, tra cui anche il pagamento di spese di lavanderia!
Ha operato il Nucleo di Polizia giudiziaria della Guardia di Finanza di Napoli che ha eseguito un’ordinanza della Procura di Avellino. Agli arresti domiciliari insieme al prefetto Blasco, ci sono gli imprenditori Carmine, Carlo e Antonio Buglione di Nola.
Antonio Buglione in particolare fu rapito nel 2010 da una banda di sardi e poi liberato. E le indagini della Guardia di Finanza che hanno portato all’arresto del prefetto di Benevento sono cominciate proprio per verificare il pagamento di un riscatto. Indagando, le Fiamme Gialle hanno scoperto che le imprese di vigilanza privata dei Buglione avevano aperto delle filiali in alcune delle città nelle quali Blasco aveva esercitato le sue funzioni prefettizie.
Nel 2001 Blasco finì per 8 giorni in carcere, a Napoli e per altri 8 agli arresti domiciliari indagato per presunte irregolarità nelle rottamazioni negli autoparchi a Napoli. La sua posizione però fu successivamente archiviata e l’attuale prefetto di Benevento venne risarcito per ingiusta detenzione. In seguito a ciò la Corte di Appello di Napoli, nel 2004, gli riconobbe, a titolo di riconoscimento per il danno subito, 25.600 euro. E ora ?
Da Il Quaderno del 17 aprile 2014
Nel 2001 Blasco finì per 8 giorni in carcere, a Napoli e per altri 8 agli arresti domiciliari indagato per presunte irregolarità nelle rottamazioni negli autoparchi a Napoli. La sua posizione però fu successivamente archiviata e l’attuale prefetto di Benevento venne risarcito per ingiusta detenzione. In seguito a ciò la Corte di Appello di Napoli, nel 2004, gli riconobbe, a titolo di riconoscimento per il danno subito, 25.600 euro. E ora ?
Da Il Quaderno del 17 aprile 2014
Il sindaco di Benevento Fausto Pepe è partito all’attacco della
giovane deputata romagnola del Movimento 5 Stelle, Giulia Sarti. Alle
22.23 di ieri, ha fatto diffondere, a tutti gli organi di informazione,
una nota in cui ha minacciato di querelarla.
L’ha fatto poco dopo l’andata in onda della puntata di Otto e Mezzo sull’emittente tv La7, condotta da Lilli Gruber. Rispetto alla quale Pepe ha dichiarato che gli correva “l’obbligo di fornire precisa e puntuale smentita alle parole dell’onorevole Giulia Sarti del Movimento 5 Stelle che, nel corso della trasmissione e senza alcun contraddittorio specifico, ha inusitatamente asserito che il sottoscritto ed in generale vertici di governo del Comune di Benevento sarebbero interessati da inchieste o processi relativi a delitti di camorra e voto di scambio con clan malavitosi”.
Non abbiamo visto in diretta “Otto e mezzo” ma, grazie alla sua versione online, è stato possibile riascoltarla. A Benevento la Sarti ha dedicato un minuto, dicendo cose note; affermando in alcuni casi meno e in altri più del dovuto, nel contempo però mischiando e sovrapponendo diversi procedimenti giudiziari.
In alcuni procedimenti (“Mani sulla città”) il sindaco (con altri assessori comunali da lui nominati) è effettivamente indagato, mentre non risulta indagato in quello (“Tabula rasa) sull’associazione di stampo camorristico sul clan Sparandeo, per il quale, per la prima volta, si attesta, ai sensi dell’articolo 416bis, che la città è diventata terra di camorra.
Pepe in esso non risulta indagato, ma è stato più volte ascoltato come persona informata dai fatti dalla DDA. Una prima volta, come risulta dall’ordinanza del Gip che ha disposto i 26 arresti nel clan Sparandeo, ha reso delle dichiarazioni sul clan medesimo e su possibili rapporti tra questo e suoi assessori. Dopo l’effettuazione degli arresti, nuovamente, Pepe è stato interrogato, qualche settimana fa, nella sede Comando dei carabinieri di Benevento, sempre dal pm napoletano procedente, ancora come persona informata dai fatti, ma alla presenza del suo legale, perché il sindaco è indagato in un procedimento connesso.
E torniamo alla deputata grillina. Ieri sera – nel ricordare la già comunicata in autunno volontà del Movimento 5 Stelle di voler chiedere lo scioglimento del Comune di Benevento (per tutte le numerose indagini cui da anni è sottoposto), confermata il 3 aprile con una nuova interrogazione parlamentare dopo l’emersione dell’inchista Tabula rasa – la Sarti ha in parte sovrapposto le questioni giudiziarie in essere. La trasmissione tv era dedicata all’approvazione, avvenuta proprio ieri, della nuova normativa sul voto di scambio, in particolare dell’articolo 416ter del codice penale relativo ai rapporti dei politici con la criminalità mafiosa e camorrista. Com’è noto i grillini hanno votato contro perché volevano pene più pesanti.
A un certo punto della puntata, la Sarti ha sottolineato il numero eccessivo di consigli comunali sciolti in Italia per infiltrazioni mafiose. Poi ha deciso di fare un esempio, tirando in ballo il Comune di Benevento e aggiungendo che Movimento 5 Stelle, in questi giorni ne sta chiedendo lo scioglimento perché il sindaco del PD, assessori, Giunta e consiglieri sono indagati in tre procedimenti giudiziari per concussione elettorale, corruzione, truffa in pubbliche forniture, truffa in appalti….
In realtà i procedimenti nei quali il sindaco e gli assessori sono stati e sono indagati sono ben più di tre. Per due di questi la Procura ha già ottenuto il rinvio a giudizio di Pepe (con altri). Per quello più grave “Mani sulla città”, per il quale per il sindaco le accuse sono anche di concussione elettorale, corruzione e truffa, c’è stata per lui (e altri 49) la richiesta di rinvio a giudizio sulla quale il Gup deve ancora pronunciarsi.
Parlando di sindaco e assessori indagati la 27enne deputata riminese, quindi, ha detto anche meno del dovuto.
Solo che continuando a parlare ha aggiunto che c’è un’intercettazione del clan Sparandeo, quindi camorra, che dice espressamente di aver pilotato le elezioni comunali a Benevento nel 2011. E qui la parlamentare ha fatto confusione perché ha sovrapposto i procedimenti giudiziari, ripetiamo: né Pepe, né alcun assessore o consigliere comunale risulta indagato nel processo al clan Sparandeo.
Come abbiamo già scritto su questo giornale, invece, ci sono nell’ordinanza del Gip del procedimento “Tabula rasa” varie intercettazioni tra componenti del clan in cui dicono di aver supportato alcuni candidati alle Comunali, di varie e anche contrapposte liste. Non emerge con chiarezza il pilotaggio dell’esito finale, tant’è che gli intercettati si lamentano di aver disperso su più candidati consiglieri il proprio potere di influenza, anziché concentrarlo per avere maggior peso successivamente.
Nelle stesse intercettazioni, com’è pur noto, si manifesta molta attenzione alla composizione della Giunta che avrebbe nominato il riconfermato sindaco Pepe, in particolare, su chi avesse occupato il ruolo di assessore ai Lavori Pubblici, per l’espressa intenzione di poter lucrare sugli appalti pubblici.
Ricostruita precisamente la notizia e quanto effettivamente detto dalla deputata del M5S, torniamo alla nota di smentita, con minaccia di querele alla parlamentare, del sindaco Fausto Pepe che così continua: ““Mi stupisce non poco che la parlamentare millanti notizie più dettagliate addirittura della DDA di Napoli e del diretto interessato che non risulta nemmeno indagato per i reati di cui alle sue dichiarazioni. Si tratta di una gravissima accusa senza alcun fondamento che sottolinea non solo l’impreparazione sul tema della deputata in questione evidentemente disinformata dai suoi referenti locali. Particolarmente preoccupante è anche l’involuzione di un certo modo di fare politica in Italia.
Al di là della gogna mediatica a cui la deputata ha voluto esporre immotivatamente me, il mio territorio ed i cittadini di Benevento tutti, segnalo anche la pericolosa aggressione condotta ai danni delle istituzioni locali, le ultime a far leva sul consenso popolare diretto. Tanto era dovuto per diritto di replica, mentre sul piano delle responsabilità civili e penali, pur avendo già contattato i miei legali per le dovute azioni giudiziarie, sono pronto a non proceder ove mai la diretta interessata vorrà pubblicamente riconoscere il proprio errore realizzato nell’esercizio del supremo mandato parlamentare: può succedere anche ai rappresentanti del Movimento 5 Stelle”.
Come diciamo ormai da un anno e mezzo a Pepe, inascoltati, “il territorio e i cittadini di Benevento tutti” non potrebbero venire “esposti da alcuno alla gogna mediatica” se il sindaco della città, destinatario di un così alto numero di procedimenti giudiziari, e già due volte rinviato a giudizio, avesse distinto e distinguesse le proprie sorti personali da quelle della città, dimettendosi, e affrontando privatamente i processi a suo carico.
L’avesse fatto a gennaio del 2013 ci sarebbero già state nuove elezioni comunali e tali gogne – di cui oggi si duole e per cui minaccia querela – non sarebbero state nemmeno possibili!
Sulla chiamata in causa di politici e amministratori del Comune di Benevento con l’inchiesta ai sensi del 416bis sul clan Sparandeo, Giulia Sarti è giunta buona seconda!
E’ stata infatti già preceduta da… Fausto Pepe! Ebbene sì, il sindaco del PD l’ha fatto escludendo se stesso e la propria amministrazione, ma l’ha fatta.
Sull’inchiesta “Tabula rasa” Pepe non ha mancato di lanciare strali e allusioni verso altre parti politiche, nei suoi esponenti di oggi e di ieri, o verso le amministrazioni che negli anni hanno preceduto le sue, affermando provocatoriamente “Per chi votavano gli Sparandeo?”. E aggiungendo, riferendosi a quanto scritto dal gip nell’ordinanza di Tabula Rasa: “Stiamo parlando di vicende che si sono protratte nel tempo e per di più il coinvolgimento del Comune di Benevento non nasce con il mio sindacato”.
In effetti l’ordinanza del Gip risale di quasi vent’anni nel riportare fatti e dichiarazioni indicanti rapporti tra amministratori e politici di rilievo ed esponenti del clan e, come pure abbiamo subito scritto, essa è devastante per come svela il dominio del clan sulle attività criminali e in particolare nel campo delle estorsioni (a fronte di un’omertà pressoché totale). Va però specificato che così come il sindaco Pepe nessun altro politico o amministratore civico, beneventano o sannita, nuovo o vecchio, risulta indagato.
L’ha fatto poco dopo l’andata in onda della puntata di Otto e Mezzo sull’emittente tv La7, condotta da Lilli Gruber. Rispetto alla quale Pepe ha dichiarato che gli correva “l’obbligo di fornire precisa e puntuale smentita alle parole dell’onorevole Giulia Sarti del Movimento 5 Stelle che, nel corso della trasmissione e senza alcun contraddittorio specifico, ha inusitatamente asserito che il sottoscritto ed in generale vertici di governo del Comune di Benevento sarebbero interessati da inchieste o processi relativi a delitti di camorra e voto di scambio con clan malavitosi”.
Non abbiamo visto in diretta “Otto e mezzo” ma, grazie alla sua versione online, è stato possibile riascoltarla. A Benevento la Sarti ha dedicato un minuto, dicendo cose note; affermando in alcuni casi meno e in altri più del dovuto, nel contempo però mischiando e sovrapponendo diversi procedimenti giudiziari.
In alcuni procedimenti (“Mani sulla città”) il sindaco (con altri assessori comunali da lui nominati) è effettivamente indagato, mentre non risulta indagato in quello (“Tabula rasa) sull’associazione di stampo camorristico sul clan Sparandeo, per il quale, per la prima volta, si attesta, ai sensi dell’articolo 416bis, che la città è diventata terra di camorra.
Pepe in esso non risulta indagato, ma è stato più volte ascoltato come persona informata dai fatti dalla DDA. Una prima volta, come risulta dall’ordinanza del Gip che ha disposto i 26 arresti nel clan Sparandeo, ha reso delle dichiarazioni sul clan medesimo e su possibili rapporti tra questo e suoi assessori. Dopo l’effettuazione degli arresti, nuovamente, Pepe è stato interrogato, qualche settimana fa, nella sede Comando dei carabinieri di Benevento, sempre dal pm napoletano procedente, ancora come persona informata dai fatti, ma alla presenza del suo legale, perché il sindaco è indagato in un procedimento connesso.
E torniamo alla deputata grillina. Ieri sera – nel ricordare la già comunicata in autunno volontà del Movimento 5 Stelle di voler chiedere lo scioglimento del Comune di Benevento (per tutte le numerose indagini cui da anni è sottoposto), confermata il 3 aprile con una nuova interrogazione parlamentare dopo l’emersione dell’inchista Tabula rasa – la Sarti ha in parte sovrapposto le questioni giudiziarie in essere. La trasmissione tv era dedicata all’approvazione, avvenuta proprio ieri, della nuova normativa sul voto di scambio, in particolare dell’articolo 416ter del codice penale relativo ai rapporti dei politici con la criminalità mafiosa e camorrista. Com’è noto i grillini hanno votato contro perché volevano pene più pesanti.
A un certo punto della puntata, la Sarti ha sottolineato il numero eccessivo di consigli comunali sciolti in Italia per infiltrazioni mafiose. Poi ha deciso di fare un esempio, tirando in ballo il Comune di Benevento e aggiungendo che Movimento 5 Stelle, in questi giorni ne sta chiedendo lo scioglimento perché il sindaco del PD, assessori, Giunta e consiglieri sono indagati in tre procedimenti giudiziari per concussione elettorale, corruzione, truffa in pubbliche forniture, truffa in appalti….
In realtà i procedimenti nei quali il sindaco e gli assessori sono stati e sono indagati sono ben più di tre. Per due di questi la Procura ha già ottenuto il rinvio a giudizio di Pepe (con altri). Per quello più grave “Mani sulla città”, per il quale per il sindaco le accuse sono anche di concussione elettorale, corruzione e truffa, c’è stata per lui (e altri 49) la richiesta di rinvio a giudizio sulla quale il Gup deve ancora pronunciarsi.
Parlando di sindaco e assessori indagati la 27enne deputata riminese, quindi, ha detto anche meno del dovuto.
Solo che continuando a parlare ha aggiunto che c’è un’intercettazione del clan Sparandeo, quindi camorra, che dice espressamente di aver pilotato le elezioni comunali a Benevento nel 2011. E qui la parlamentare ha fatto confusione perché ha sovrapposto i procedimenti giudiziari, ripetiamo: né Pepe, né alcun assessore o consigliere comunale risulta indagato nel processo al clan Sparandeo.
Come abbiamo già scritto su questo giornale, invece, ci sono nell’ordinanza del Gip del procedimento “Tabula rasa” varie intercettazioni tra componenti del clan in cui dicono di aver supportato alcuni candidati alle Comunali, di varie e anche contrapposte liste. Non emerge con chiarezza il pilotaggio dell’esito finale, tant’è che gli intercettati si lamentano di aver disperso su più candidati consiglieri il proprio potere di influenza, anziché concentrarlo per avere maggior peso successivamente.
Nelle stesse intercettazioni, com’è pur noto, si manifesta molta attenzione alla composizione della Giunta che avrebbe nominato il riconfermato sindaco Pepe, in particolare, su chi avesse occupato il ruolo di assessore ai Lavori Pubblici, per l’espressa intenzione di poter lucrare sugli appalti pubblici.
Ricostruita precisamente la notizia e quanto effettivamente detto dalla deputata del M5S, torniamo alla nota di smentita, con minaccia di querele alla parlamentare, del sindaco Fausto Pepe che così continua: ““Mi stupisce non poco che la parlamentare millanti notizie più dettagliate addirittura della DDA di Napoli e del diretto interessato che non risulta nemmeno indagato per i reati di cui alle sue dichiarazioni. Si tratta di una gravissima accusa senza alcun fondamento che sottolinea non solo l’impreparazione sul tema della deputata in questione evidentemente disinformata dai suoi referenti locali. Particolarmente preoccupante è anche l’involuzione di un certo modo di fare politica in Italia.
Al di là della gogna mediatica a cui la deputata ha voluto esporre immotivatamente me, il mio territorio ed i cittadini di Benevento tutti, segnalo anche la pericolosa aggressione condotta ai danni delle istituzioni locali, le ultime a far leva sul consenso popolare diretto. Tanto era dovuto per diritto di replica, mentre sul piano delle responsabilità civili e penali, pur avendo già contattato i miei legali per le dovute azioni giudiziarie, sono pronto a non proceder ove mai la diretta interessata vorrà pubblicamente riconoscere il proprio errore realizzato nell’esercizio del supremo mandato parlamentare: può succedere anche ai rappresentanti del Movimento 5 Stelle”.
Come diciamo ormai da un anno e mezzo a Pepe, inascoltati, “il territorio e i cittadini di Benevento tutti” non potrebbero venire “esposti da alcuno alla gogna mediatica” se il sindaco della città, destinatario di un così alto numero di procedimenti giudiziari, e già due volte rinviato a giudizio, avesse distinto e distinguesse le proprie sorti personali da quelle della città, dimettendosi, e affrontando privatamente i processi a suo carico.
L’avesse fatto a gennaio del 2013 ci sarebbero già state nuove elezioni comunali e tali gogne – di cui oggi si duole e per cui minaccia querela – non sarebbero state nemmeno possibili!
Sulla chiamata in causa di politici e amministratori del Comune di Benevento con l’inchiesta ai sensi del 416bis sul clan Sparandeo, Giulia Sarti è giunta buona seconda!
E’ stata infatti già preceduta da… Fausto Pepe! Ebbene sì, il sindaco del PD l’ha fatto escludendo se stesso e la propria amministrazione, ma l’ha fatta.
Sull’inchiesta “Tabula rasa” Pepe non ha mancato di lanciare strali e allusioni verso altre parti politiche, nei suoi esponenti di oggi e di ieri, o verso le amministrazioni che negli anni hanno preceduto le sue, affermando provocatoriamente “Per chi votavano gli Sparandeo?”. E aggiungendo, riferendosi a quanto scritto dal gip nell’ordinanza di Tabula Rasa: “Stiamo parlando di vicende che si sono protratte nel tempo e per di più il coinvolgimento del Comune di Benevento non nasce con il mio sindacato”.
In effetti l’ordinanza del Gip risale di quasi vent’anni nel riportare fatti e dichiarazioni indicanti rapporti tra amministratori e politici di rilievo ed esponenti del clan e, come pure abbiamo subito scritto, essa è devastante per come svela il dominio del clan sulle attività criminali e in particolare nel campo delle estorsioni (a fronte di un’omertà pressoché totale). Va però specificato che così come il sindaco Pepe nessun altro politico o amministratore civico, beneventano o sannita, nuovo o vecchio, risulta indagato.
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