Un rapporto di Assolombarda dimostra che ogni azienda paga circa 2000 euro al giorno di spese burocratiche, perdendo fino a 6 mesi lavorativi per sbrigare pratiche.
Un cancro che nessuno riesce a debellare: anche per semplificare infatti c'è bisogno di altri uffici...
«Ogni rivoluzione evapora, lasciando dietro di sé solo la melma di una nuova burocrazia»,
scriveva Kafka, intuendo il sistema infernale di ogni burocrazia, mostro senza volto e senza senso. Il carattere orrido di questa creatura sta già nel nome che la compone, sintesi tra una parola francese (bureau, ufficio) e una greca (krátos, potere), ibrido linguistico da spavento. Ma sta anche nel suo significato disumano: a differenza della democrazia (potere del popolo), dell’aristocrazia (potere dei migliori), dell’oligarchia (potere dei pochi) e della monarchia (potere di uno solo), la burocrazia è un potere non gestito da uomini, ma da uffici. È il Potere impersonale dell’Ufficio.
Fa paura perché non puoi vederla, non puoi chiamarla per nome di battesimo. Ed è talmente anonima da spersonalizzare anche chi subisce la sua tirannia: rende innominabili le sue vittime, trasformandole in numeri o in sigle, come appunto il signor K. kafkiano.
Senza nome e senza volto, la burocrazia ruba tempo e soldi, complica, allunga e moltiplica, sottraendo linfa ed energie, fino ad ammazzare.
«La burocrazia fa male. Uccide» dovrebbe recitare lo slogan di una campagna informativa del governo, come quello che appare sulle confezioni delle sigarette.
Un rapporto di Assolombarda ha infatti dimostrato che ogni piccola azienda lombarda paga ogni anno, di burocrazia, circa 160mila euro (438 euro al giorno), mentre ogni media azienda della Regione (con fatturato superiore a 50 milioni) paga circa 700mila euro di spese burocratiche (1.900 euro al giorno, insomma lo stipendio di un dipendente). Incidendo sul 4% del fatturato di ogni azienda, la burocrazia favorisce la disoccupazione, impedendo nuove assunzioni (che, a loro volta, sarebbero sottoposte a nuove carte e costi burocratici).
Ma la burocrazia sottrae anche giorni lavorativi all’azienda: in media ogni impresa dedica tra i 45 e i 190 giorni di lavoro a sbrigare cavilli burocratici: sei mesi pieni, più del tempo che dovrebbe destinare a fornire prodotti e servizi.
La burocrazia, è evidente, complica la vita delle imprese. Ma spesso chi vorrebbe semplificarla si complica la vita da solo. Lo stesso rapporto Assolombarda ha dimostrato che, per la semplificazione burocratica, sono stati aperti nella sola regione Lombardia 53 tavoli istituzionali. Si avvera così tristemente quella storia raccontata da Ennio Flaiano: «Gli presentano il progetto per lo snellimento della burocrazia. Ringrazia vivamente. Deplora l’assenza del modulo H. Conclude che passerà il progetto, per un sollecito esame, all’ufficio competente, che sta creando».
Ogni tentativo di snellire la burocrazia passa per la creazione di un nuovo ufficio. Anche la Semplificazione ha bisogno di un ente ad hoc per la Semplificazione, se non addirittura di 53.
La Piovra burocratica diventa così sempre più tentacolare. E si ramifica come un cancro con tutte le sue metastasi, stroncando il corpo già malato dell’imprenditoria italiana.
L’inferno della burocrazia è fatto di carta. Per bruciarlo ci vorrebbero le fiamme dell’inferno.
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