La normativa in materia di rifiuti varata dal governo è in palese contrasto con numerose disposizioni comunitarie. E anche il progetto di piano regionale soffre dei mali di tutta la nostra legislazione in materia: si basa su di una concezione vecchia
L’art. 35 del decreto 133/2014 - che il linguaggio propagandistico ormai invalso in politica ha battezzato “Sblocca Italia” - contrasta, nell’ordine, con l’art. 6 par. 3 del Reg. 850/04/CE che impone agli Stati Membri nell’esaminare proposte di costruzione di nuovi impianti o modifiche significative ad impianti esistenti di considerare in via prioritaria i processi, le tecniche o le pratiche alternative che hanno vantaggi analoghi, ma evitano la formazione e il rilascio di inquinanti organici persistenti; con la gerarchia in materia di gestione dei rifiuti - che è vincolante - prescritta dalla direttiva 2008/98/CE e che pone il ricorso all’incenerimento, ancorché con recupero di energia, al penultimo dei cinque punti in cui si articola; con parecchie disposizioni concernenti la definizione e la conseguente disciplina delle modifiche sostanziali negli impianti di incenerimento di cui alla direttiva IPPC 2010/75/UE, tra le quali in particolare quelle sull’obbligatorietà del rifacimento della VIA e quelle che tutelano la partecipazione del pubblico nelle decisioni in materia ambientale.
Da sottolineare, in particolare, che in esso si fa ricorso, per aggirare il problema degli obblighi discendenti dalla modifica sostanziale, all’escamotage - che non ci salverà da future sanzioni - del riferimento alla saturazione del carico termico quando tutta la legislazione UE incentra il concetto di modifica sostanziale sulla quantità di tonnellate di rifiuti bruciati all’ora.
Evidentemente le condanne passate sui vari tentativi di evitare la VIA non ci sono bastate. Per fare un esempio vicino a noi, lo scorso luglio l’inceneritore del Gerbido è stato autorizzato a bruciare 490.000 t l’anno in base al richiamato art. 35, cioè 69.000 t annue in più di prima, senza rifacimento della VIA e senza partecipazione del pubblico, poco meno del triplo di quello che per il punto 5.2 dell’All. I della direttiva IPPC rappresenta modifica sostanziale con i conseguenti obblighi richiamati.
L’arroccamento ideologico della nostra classe dirigente su posizioni di netto favore per l’incenerimento ci mette in grossa difficoltà nel rispetto di una legislazione europea e internazionale pattizia che vede in esso - anche in presenza del recupero di energia - null’altro che una soluzione residuale, obsoleta e pericolosamente inquinante (Convenzione di Stoccolma 2011 sui POPS), di poco preferibile alle discariche, da adottare laddove non sia possibile, nell’ordine, prevenire la formazione dei rifiuti, provvedere alla loro preparazione per il riutilizzo, oppure riciclarli. Faro di civiltà nella gestione dei rifiuti nell’angusto orizzonte dei nostri amministratori continuano ad essere paesi dell’Europa del Nord come la Danimarca, della quale si magnificano gli enormi impianti di incenerimento, ma si omettono i dati pro capite sulla produzione di rifiuti (quasi il 50% in più di quella italiana).
Per venire al progetto di piano regionale, esso soffre dei mali di tutta la nostra legislazione in materia di rifiuti: si basa su di una concezione vecchia. Non pianifica - per tacer d’altro - una vera politica di riduzione dei rifiuti, fa pochi, ridicoli cenni alla preparazione per il riutilizzo, richiamando pochissime realtà virtuose senza neanche tentare interventi sistematici sul punto, proclama di incontrare difficoltà a prevedere l’andamento del flusso dei rifiuti anche solo sul medio periodo, difficoltà che siamo sicuri scomparirà di fronte all’ipotesi di costruzione di un nuovo impianto di incenerimento dove allora, improvvisamente, ci si spingerà alle previsioni ultraventennali che le necessità finanziarie avranno rese imperative. Questo progetto di piano regionale di gestione dei rifiuti ha, al momento, un solo, vero pregio : è ancora emendabile. Il che significa, da un lato, che si è in tempo per dotarlo di obiettivi più ambiziosi, più salubri e finalmente coerenti con le richieste europee; dall’altro, che è prematuro e controproducente prenderlo per oro colato come faceva ieri la responsabile del forum Ambiente ed Energia del Pd di Torino.
Da lo spiffero, scritto da Laura Piana, Rifiuti Zero Torino
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